Il talento per le domande importanti lo hai sempre avuto: hai cominciato che avevi tre anni, quando in auto, sulla strada per il mare, dal seggiolino di dietro, mi arrivò la domanda: "Ma perché tu e la mamma vi siete lasciati?".
Il bello è che poi non ascolti le risposte, o fai solo finta perché non ti piacciono, è da vedere.
Comunque: io no, non sono felice. Ma ci sono cose che mi fanno felice, tipo stare con Cristina, o stare con voi (intesi come figli).
"E che cosa ti renderebbe felice?"
Sapere che, domani che sarete adulti, sarete felici voi, o almeno sereni. Poter vivere in amore con Cristina gli ultimi anni della mia vita.
"Ma non c'è una cosa in particolare che vorresti fare?"
Dissolvenza onirica.
Per uno che per tutta la vita ha perseguito la bellezza del gesto a prescindere dal suo risultato (ma sotto sotto era convinto che la bellezza del gesto dovesse necessariamente portare al risultato), organizzare un concerto one shot è una tortura: settimane di preparazione, coordinamento, pubbliche e private relazioni e poi tutta la bellezza si esaurisce nell'oretta e poco più che durerà l'esibizione. Però ho fatto in modo da ridurre al minimo le potenziali seccature e contrarietà: per esempio, ho scelto la data in funzione della disponibilità del teatro, e mi son preso tutto il tempo per scegliere il repertorio e conseguentemente i miei comprimari, a cui ho assegnato un ruolo in modo insindacabile. Sticazzi se si troverà a dover suonare insieme gente a differenti livelli di preparazione: questo è il mio concerto e si fa necessariamente come dico io, quindi suona chi dico io, quando dico io.
Non so un cazzo di regia, quindi mi son dovuto affidare a un professionista che ha curato le luci e la messa in scena. Gli ho spiegato cosa si suona, chi suona, chi deve essere messo in evidenza nei vari momenti e lui ha fatto tutto il resto. Gli ho detto: niente di pacchiano, solo belle luci.
Sai qual è stato il problema maggiore? Non ho mai incontrato un tastierista davvero brillante e che sapesse contemporaneamente suonare con gli altri. Deve dipendere dal fatto che possono suonare fino a dieci note alla volta: già le sei dei chitarristi son troppe, figuriamoci dieci. L'ego deborda e rende impossibile ogni interazione. Così, cerca che ti ricerca nella memoria, son finito per ricordarmi il nome di Alessio, un tastierista che avevo conosciuto come sostituto in un gruppo di liscio e con cui ho poi fatto le prove per un gruppo che non è mai decollato. Simpatico, megalomane come tutti i tastieristi, ma anche disponibile a fare la sua parte disciplinatamente e stop.
Per i chitarristi, ovviamente, imbarazzo della scelta, anzi: imbarazzo del pezzo, perché l'assolo di Comfortably numb lo volevano fare tutti e non è che posso fare il pezzo quattro volte o farlo durare mezz'ora perché tutti vogliono fare l'assolo. Così ho deciso che, quando si poteva, si facevano quattro/otto battute ciascuno, e tutti zitti. Quello di Money l'ho lasciato a Kino per intero, poi a Roberto e Mirko ho affidato la sezione jazz della faccenda e ho fatto scegliere a tutti in quali pezzi fare la seconda chitarra.
Al basso ho chiamato Paolo: un bassista per tutte le stagioni e per tutti i generi.
La batteria, ovvio che la suonasse Giacomo, sempre e comunque, a prescindere dallo stile. Dopo anni di studio e di pratica, è diventato una certezza solida come roccia.
Scelta la band, dovevo scegliere il repertorio, in modo che ci fosse spazio per tutti e soprattutto che la cosa non diventasse troppo celebrativa e stuccosa. quindi, pochi pezzi ma mirati. Ho pensato di aprire in trio, con me al basso e Kino alla chitarra, con un bel fuoco d'artificio, vale a dire Red dei King Crimson. Non lascia alcuno spazio alla creatività, visto che non ci sono assoli, ma è un pezzo che richiede un'attenzione certosina per non cadere nelle trappole degli accenti che si spostano. Inoltre, è fuoco assoluto, anche se mediato da tanta cerebralità. Puro distillato di Fripp.
Lo devo dire, che è stato il pezzo che abbiamo provato di più, prima che fosse considerato suonabile? Mica tanto per la sua complessità, ma perché Kino voleva essere assolutamente impeccabile, e voleva che lo fossimo anche noi. Una volta sul palco, però, su il volume e tutti a casa.
Finito quello, Kino ha lasciato il posto a Mirko e Roberto, mentre Alessio è salito sul palco delle tastiere, per suonare Spain di Chick Corea, in una versione più vicina a quella live di Stevie Wonder che all'originale, ma mica potevamo far ammosciare tutto l'uditorio con un pezzo in punta di strumento! Spain ha questo difetto: che una volta che lo cominci, non vorresti più smettere di suonarlo, e non è stato facile rinunciare a proseguire negli assoli, anche perché era già evidente dall'inizio che eravamo tutti in stato di grazia, senza preoccupazioni per la riuscita e comunque preparati come mai.
E, visto che eravamo tutti belli caldi e preparati, ho anche scelto un pezzo per far fare bella figura a Giacomo e quindi ho proposto di fare Moby Dick dei vecchi cari Zep, che non è cantato e quindi nessuno ha dovuto fare figuracce in compenso. Durante le prove, Giac ha provato un assolo sinceramente strepitoso, e gli applausi che ha preso sono stati la giusta ricompensa.
Poi, ho deciso che eravamo i Pinchi Flòidi e mi son detto: sticazzi: tutto Dark Side e Comfortably Numb a mò di bis - Run Like Hell glielo risparmiamo - con tre chitarristi fissi sul palco che si alternano nei soli e nell'accompagnamento - tanto, con la quantità di sovraincisioni che ci sono nel disco, c'è lavoro per tutti.
A te ho fatto fare la corista e anche cantare The Great Gig in the Sky: la chitarra che hai voluto in regalo anni fa, non hai mai imparato a suonarla; in compenso, sei sempre stata intonata e, da quando ti sei quasi strappata le corde vocali durante l'ennesimo litigio con tua madre, ti è rimasta una noterella rauca nella voce che attizza i maschi e rende il tuo timbro singolare e aggressivo. La presenza scenica non ti manca, quindi ti ho piazzata al centro del palco con l'unica luce puntata su di te. Quando sei salita alla ribalta, durante l'intro di pianoforte, ti son venuto incontro e ti ho baciato sulle labbra (lo facciamo ancora, dopo tutti questi anni), poi ti ho accompagnata al microfono, lasciandoti la scena.
Chi ha voluto (e potuto), si è portato i suoi strumenti: io la mia Strato l'ho noleggiata - è da tanto che non possiedo una chitarra professionale - ma non ne ho patito. Certo, le mani son quel che sono, ma ero tranquillo perché sapevo di non essere da solo e di essere ben sostenuto da tutti; anche la voce ha fatto la sua parte, e comunque mi ero preparato nei giorni precedenti, tenendo la voce allenata senza doverla sforzare, e del resto l'estensione di Gilmour non è esattamente fuori portata.
Il lato b di Dark Side va via liscio come l'olio: superate le asperità di Money, con il suo tempo in 7/4 e l'assolo di sax a cui ha pensato un oscuro (per me) ma bravo amico di Mirko, si aprono le pianure di Us and Them e di Any Colour You Like: ci si rilassa e ci si gode l'atmosfera, e dopo esserci scambiati e sovrapposti gli assoli, si sfocia in Brain Damage, che sembra sempre una canzoncina innocua, se non si ascolta il testo, e fa un bel pieno con tutte le voci spiegate, compresa la tua.
Si rallenta di un nonnulla il tempo per entrare in Eclipse, che abbiamo pure cantato tutti insieme, prima all'unisono e poi in coro, e ne sono stato felice perché il testo mi ha sempre messo inquietudine, specialmente la quintina
All that is now
And all that is gone
And all that's to come
And everything under the sun is in tune
But the sun is eclipsed by the Moon
C'è sempre stato il ma, di mezzo, tra i miei desideri e la loro realizzazione: quello che fa di una vita compiuta una vita incompleta, approssimata. per cui 'sto concerto deve essere perfetto, perdio.
Contenti per il senso di compiutezza della perfetta cadenza finale della canzone, lasciamo sfumare la registrazione presa dal disco originale (There is no dark side of the moon, really. Matter of fact, it's all dark) e anche scrosciare un po' di applausi, e senza troppi indugi entriamo nel gran finale di Comfortably Numb. Non son particolarmente felice di finire con questo pezzo, che non mi rappresenta molto, ma mi serviva un pezzo che finisse con un mucchio di assoloni per poter lasciare il palco e prendermi gli applausi - tipo quando nel calcio si viene sostituiti a cinque minuti dalla fine - e poi lasciare i riflettori a chi mi ha aiutato in questa impresa, tutti felici e contenti. Uscendo, ho lasciato la mia chitarra a te, che hai continuato a far finta di suonare, scalmanandoti felice.
Fin qui, il racconto della serata come lo ha vissuto e poi immaginato mio padre. Stupefacente notare come abbia descritto le cose che poi sono accadute nei minimi particolari, compresa Matilde che fa finta di suonare la chitarra, tranne pochi dettagli che non poteva immaginare: tipo che ho rinunciato al mio assolo su Moby Dick così come lo avevamo provato per farne uno più bonhamiano: mi son tenuto basso per lasciare a papà il ruolo di protagonista. Solo dopo la sua scomparsa, abbiamo rovistato tra le carte e i dischi rigidi, e finalmente su internet, dove è sbucata fuori la bozza di questo post, lasciato appositamente incompiuto.
Non ho scritto scomparsa a caso, perché davvero, di papà non abbiamo mai più trovato la minima traccia, in nessun luogo fisico o tracciabile attraverso la rete. Quando è uscito dal palco, abbiamo semplicemente pensato che dovesse far pipì, o che ci lasciasse sfogare per prendere i nostri applausi, per poi tornare alla fine del pezzo e salutare tutti. Invece, si è letteralmente dissolto, lasciandoci tutti con un palmo di naso. Che posso dire? Un'uscita di scena (in ogni senso!) nel suo più puro stile. Non so dire a quanti mancherà; di sicuro mancherà a tutti noi che eravamo sul palco con lui quella sera ma - ed è questo il senso del suo gesto - possiamo vivere anche senza di lui.