giovedì 26 febbraio 2015

whiplash, o la deprecabile virtù della disciplina

gli americani - ma sarebbe meglio dire: gli statunitensi - sono così tanto imbevuti della loro retorica calvinista che riescono a banalizzare i loro stessi eroi e i loro stessi meriti.

se siete musicisti, o se anche solo amate la musica e soprattutto il jazz, le righe che seguono sono del tutto superflue: quindi vado avanti solo per i non musicofili.

whiplash non è affatto un brutto film, tutt'altro: ben costruito, ben recitato, ben fotografato e ben diretto. io però non sono un critico cinematografico e del linguaggio del cinema so molto poco: preferisco parlare delle sensazioni che la visione di un film può darmi, e da questo punto di vista whiplash mi lascia perlomeno perplesso.

in soldoni, il sergente hartman ha sposato crudelia demon e il loro figlio fa l'insegnante al conservatorio; qualcuno non ha retto allo stress di avere un insegnante così carogna e si è suicidato, quindi, prima che faccia altri danni, lo denunciano e lo fanno smettere di insegnare. lui, per vendicarsi sul batterista che lo aveva denunciato per i suoi metodi, cerca di fargli fare una figura di merda davanti a un pubblico selezionato, ma la figura di merda si tramuta per lui in un trionfo epico grazie a una volontà incrollabile.

la premessa di tutto questo è che per diventare non solo un bravo musicista, ma addirittura un genio della musica, siano necessari e sufficienti abnegazione ed estremo sacrificio. e qui non ci siamo.

"charlie parker non sarebbe mai diventato bird se jo jones non gli avesse tirato dietro un piatto". ma ne siamo proprio sicuri? e dobbiamo allora supporre che ci fosse sempre un jo jones a tirar dietro piatti e quant'altro anche a coltrane, a davis, eccetera?

quello che damien chazelle evita di dire per tutto il film è che abnegazione, esercizio e volontà non contano un cazzo senza il talento, che puoi essere anche il batterista più veloce del mondo, ma prima o poi inevitabilmente arriva qualcun altro che prende il tuo posto nel guinness book of world records e il tuo posto nella storia se ne va ingloriosamente.

andrew neiman (ovvio alter ego del regista, che da giovane suonava la batteria) contraddice se stesso costantemente, anche nella scelta del mito che lo ispira, cioè charlie bird parker. è vero che parker, in gioventù, si esercitava sullo strumento anche quindici ore al giorno, ma se poi parker è diventato la leggenda della musica che è, non lo deve tanto all'esercizio quanto alle sue intuizioni, che gli permisero di creare uno stile e un linguaggio nuovi, qualcosa che fino ad allora non c'era stato:

Bird era un solista ed era, come dire? isolato. Non si poteva imitare a meno di copiarlo e non si poteva copiarlo a meno di essere dei sassofonisti. [...] Non c'era nessuno che sapesse suonare come Bird allora, e neanche oggi c'è. (miles davis)

e il bello è che neiman parla sempre di parker, ma per ovvi motivi ascolta buddy rich, che peraltro è uno dei maestri riconosciuti della batteria, fonte di ispirazione e modello di riferimento per moltissimi batteristi jazz e rock. solo che ha avuto una vita troppo "normale" per essere considerato un mito, e neiman vuole diventare "il migliore di tutti", chissenefrega se il mito è morto a 34 anni strafatto di alcool ed eroina e talmente devastato che il medico legale, non conoscendolo, gli aveva attribuito vent'anni più di quelli che aveva? ma d'altronde lo diceva già vinicio capossela vent'anni fa, che "il grande mito ci ha fregato/che sei un eroe se sei suonato". l'unica cosa sensata che ho sentito dire nel film, l'ho sentita dire da un (credo) cugino di neiman, a tavola. cito a memoria: "come si fa a giudicare qual è il miglior musicista? non è soggettivo?". il cugino viene immediatamente fatto passare per un mediocre che non ha un futuro. alè.

allora, neiman/chazelle, delle due, l'una: o credi veramente che chiuderti nello stanzino della batteria dodici ore al giorno finché le mani non ti sanguinano ti farà diventare il nuovo charlie parker, oppure ammetti che per quanto ti eserciti, se non possiedi genio, talento e intuito, al massimo potrai diventare un affidabile musicista di fila, ma alla fine nessuno si ricorderà di te al di fuori dell'ambiente. non a caso esiste un film sulla vita di charlie parker, ma non uno sulla vita di buddy rich.

gli americani (ma sarebbe più corretto dire: gli statunitensi) credono davvero che ricevere un addestramento da marine sia utile a far venire fuori il carattere e anche il talento, in ogni ambito, negando di fatto che, se hai talento, ce l'hai anche se sei indisciplinato e inaffidabile e che se il talento non ce l'hai, non ci sarà nessun sergente fletcher che te lo farà venir fuori a calci nei denti. e certi eroi americani son diventati tali anche senza disciplina militare, ma fa più comodo pensare il contrario: "il nuovo charlie parker non avrebbe mai rinunciato". e come, no?

vi lascio con una canzone, dedicata a tutti quelli che "all'una e trentacinque circa" hanno invariabilmente avuto a che fare con qualche esercente recalcitrante a pagarti, che forse lo faceva per far venire fuori il tuo vero talento, attraverso la mortificazione.

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