giovedì 29 novembre 2012

figli miei, ci pensate?

sì, va bene, la musica rock (e jazz) è un animale notturno, ma onestamente ho trovato anacronistico aprire le porte del locale alle 22.45, per non parlare della pantomima del vendere i biglietti anche su prenotazione, a prezzo maggiorato: chi ha speso i tre euro in più ha avuto l'unico vantaggio di poter entrare nel locale cinque minuti prima degli altri, ma anche lo scomodo di dover andare a ritirare i biglietti al botteghino nel pomeriggio. 'a ridicoli!

anacronistico perché magari una volta si usciva con gli amici, si andava a mangiare da una parte, ad ubriacarsi/farsi due canne da un'altra e infine si andava in discoteca/al concerto, rigorosamente non prima di mezzanotte. oggi, con la spending review, il trend è (parole sentite durante la fila al botteghino): "ecco quindici euro, portami il resto" (il biglietto ne costava dodici). magari i figli di papà seguono ancora la trafila cena-lounge bar-discoteca, ma il figlio di proletario riportami-il-resto tutt'al più prende un panino al furgone chiosco parcheggiato fuori dal locale e poi ciondola là fuori aspettando che il locale apra.

noi tre, impavidi e ignari (nel sito del locale non c'era alcuna info utile), abbiamo pure cenato presto per esser là davanti alle nove. chiusi in macchina a ripararci dal freddo, abbamo ammazzato il tempo guardando filmati divertenti su youtube - meno male il furbòfono.

finalmente apre. ci mettiamo disciplinatamente in fila e poco dopo entriamo, non c'era esattamente ressa: il gruppo ha sì un suo seguito di affezionati, ma non sono esattamente i rolling stones. appena dentro, figlia2 avanza la richiesta: "mi compri la cocacola?". massì, dopotutto è il tuo compleanno, e prendo una birra anch'io. tu vuoi niente? no. figlio1 non è mai stato per le bibite ed è ancora troppo giovane per la birra. una birra e una pepsi, sette euri e cinquanta. a conti fatti, la ragazza che doveva riportare il resto al padre è tornata a casa con la sete.

guadagnamo il bordo palco senza difficoltà e attendiamo fiduciosi. con santa calma, verso le 23.40, comincia ad esibirsi il gruppo di apertura, un quartetto di sconosciuti gradevole, ma nulla più, vagamente in stile cranberries. si chiamano mantra più altre cose che non abbiamo capito. unica cosa notevole: la cantante e chitarrista ha alle unghie uno smalto dello stesso colore della sua stratocaster. alla quinta canzone uguale alle quattro precedenti siamo anche un po' stufi, ma l'educato e disciplinato pubblico evita di sottolinearlo. si ripagano parzialmente con la sesta, che è un po' più movimentata e soprattutto è stata annunciata come ultima.

l'esibizione finisce e il palco si anima di gente: i roadies che sistemano il palco per l'attrazione della serata. se sei anche minimamente famoso, hai persone che gestiscono il palco per te e ti portano anche la chitarra già bella e accordata, se la cambi tra una canzone e l'altra. se sei uno sfigato a inizio carriera, stacchi i cavi e te li riavvolgi da solo, e ti porti via pure l'ampli, sempre da solo e pure alla svelta. la dolores de noantri non fa eccezione.

altro cliché è il servizio di sicurezza, svolto da personaggi categoricamente ipertrofici e categoricamente dalla faccia incazzata. coraggio, ragazzi, non siete i soli ad essere sottopagati. al terzo manzo che si avvicenda sul palco a controllare (cosa?), figlia2 domanda: "ma le guardie devono essere tutte grasse?".

la domanda su cosa controllassero non è messa a caso, visto quel che è successo dopo: verso mezzanotte e tre quarti salgono sul palco capovilla & company. l'inizio è suggestivo, tutti immobili e silenziosi per almeno un lunghissimo minuto, durante il quale le grida di entusiasmo hanno progressivamente lasciato lo spazio a "ssshhh" che cercavano di zittire chi ancora rumoreggiava, pensando che il gruppo aspettasse il silenzio per iniziare. inizia poi la musica e l'entusiasmo esplode in forma di pogo, e la mandria travolge figlia2, ma anche me che peso trenta chili di più; mi divincolo dal gruppo e la ritrovo addosso al subwoofer, all'angolo del palco, più incazzata che spaventata, perché già vedeva poco dal posto dove eravamo prima, adesso ancora meno. non appena è iniziata la liturgia, gli addetti alla sicurezza si son posizionati agli angoli del palco con aria allarmata: il pubblico premeva contro le due transennine addossate al bordo del palco che avrebbero dovuto (rido?) separare il pubblico dagli artisti, con l'unico effetto reale di costituire un pericolo per il primo. la sicurezza attende nervosamente che finisca la prima canzone e poi rimuove gli ostacoli. così nessuno si è fatto male.

il volume è imponente, per parlare dobbiamo urlarci nelle orecchie, il subwoofer fa tremare il pavimento e mi massaggia fin nelle viscere.
"papà, alle due andiamo via?"
"sarà un po' presto..."
e infatti alle due stiamo ancora tutti cantando, lei compresa, anche se non ho l'assoluta certezza che capisca quello che canta. vabbè, ha undici anni. per esempio, quando finisce è colpa mia e stiamo tutti cantando figlio mio, ci pensi? un giorno tutto questo sarà tuo io, tanto per far finta di non aver capito nemmeno io, la guardo e le faccio segno che "tutto questo" sia il locale e non il senso di impotenza e disperazione che le generazioni precedenti non saranno riuscite a dissipare. figlio1, dopo poco, mi lascia in custodia la sua felpa nuova e va verso gli amici che ha finalmente scorto in mezzo al pubblico a bordo palco e se ne va a pogare con loro, rischiando di esser preso e fatto volare, tanto per far festa.

capovilla tiene il palco come un attore consumato, e i suoi gesti infatti son più da attore che da rocker, ma non cala mai di intensità e stasera la sua intonazione è impeccabile. parla con i suoi fans senza microfono, abbassandosi; dalle poche parole che carpisco dalla mia posizione defilata, sento che discute con loro - credo - di sicurezza nei concerti, fino ad ampliare il discorso ai rapporti tra folla e potere. il concerto finisce quasi alle tre in un tripudio di feedback e gran bacchettate sui piatti. la festa prosegue, il dj snocciola foo fighters e nirvana allo stesso assurdo volume del concerto (tanto siamo in zona industriale), ma per noi è ora di andare. compro la maglietta del gruppo per figlia2, facciamo un po' di slalom tra i bravi ragazzi (il bar è quesi deserto e non c'è nemmeno un odorino d'erba...) e torniamo a casa. soddisfatti.

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