mercoledì 15 gennaio 2014

contestualizziamo

selma è una che racchiude in sé tutte le possibili sfighe del mondo: immigrata negli usa da un paese dell'est europa, ragazza madre, operaia in una fabbrica che manco chaplin di tempi moderni, affetta da una malattia degenerativa che la renderà presto cieca e consapevole che ha trasmesso la sua malattia al figlio. manca uno o due genitori con il vizio della siringa e il quadro sarebbe completo, ma visto che si parla solo di un padre inventato, non è improbabile che sia così.

selma però sa che la malattia può essere curata, se si viene operati nell'adolescenza, con un costoso intervento. per questo lavora come un somaro, sottoponendosi anche a turni di notte e lavoro a domicilio alienante, per risparmiare i soldi per l'operazione del figlio.

il suo unico rifugio sono i sogni ad occhi aperti, nei quali cade spesso anche durante il lavoro, quasi ipnotizzata dai ritmi dei macchinari della fabbrica, e i musical, perché nei musical non succede mai niente di spiacevole e c'è sempre qualcuno che ti acchiappa, quando cadi. l'unione delle due consolazioni le è sostanzialmente fatale, perché si distrae, causa un danno al macchinario e viene licenziata.

come soprammercato per cotante sfighe combinate, viene tradita da quello che pensava fosse suo amico, il poliziotto e padrone di casa che, per continuare a mantenere il tenore di vita a cui ha abituato la moglie, ruba a selma tutti i sudati risparmi, peraltro dopo aver carpito la sua fiducia: infatti si erano vicendevolmente confidati un segreto: lui, che stava mentendo alla moglie sulla consistenza del proprio patrimonio e lei del fatto che i soldi guadagnati in più non venivano mandati in patria al padre, ma risparmiati per un ben più nobile scopo.

selma cerca di riprendersi i suoi soldi, ma il poliziotto sa che senza quelli dovrebbe confessare alla moglie di averle mentito, quindi preferisce provocare selma minacciandola con la pistola. ne segue una colluttazione, al termine della quale il poliziotto rimane ferito e, piuttosto che andare incontro alle proprie responsabilità, istiga selma a finirlo addirittura. al processo che segue, selma, piuttosto che tradire la promessa di mantenere il segreto, rimane vittima delle proprie incongruenze e bugie, così che l'accusa ha gioco facile nel dimostrare la sua colpevolezza. rinuncia anche ad avere una difesa più efficace, perché dovrebbe spendere i soldi dei risparmi. viene quindi condannata a morte. un attimo prima dell'esecuzione, l'amica di sempre le rivela che il figlio è stato operato e non diventerà cieco.

si potrebbe aprire il dibattito sull'abitudine di von trier di infilare nei suoi film una figura di agnus dei qui tollit peccata mundi, qualcuno che prende su di sé le conseguenze delle male azioni di chiunque e si sacrifica anche per gli ingiusti (vedi anche le onde del destino e dogville), ma un dibattito fatto da me soltanto è un po' monco, e pertanto passiamo direttamente al motivo di questo post, che è quello di farvi ascoltare una canzone, contestualizzandola, appunto.

i've seen it all è una delle cose più tristi che si possano sentire: parla del senso della rinuncia, dell'accettazione di un destino avverso e terribile, se questo può servire alla salvezza di qualcun altro. nel film, bjork duetta con peter stormare, che recita la parte dello spasimante di poco spessore e senza speranza molto meglio di come canta, per cui, nel cd della colonna sonora, bjork ha scelto di duettare con thom yorke, a volte anche scambiandosi anche le parti rispetto all'interpretazione del film. è potente il senso di ineluttabilità che permea ogni singolo verso della canzone, che rende inutile ogni resistenza contro il destino cinico e baro. e se non piangete con questa, specie se così contestualizzata, davvero avete il cuore di pietra.


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