lunedì 2 agosto 2010

dogs

i floyd non son mai stati degli allegroni. anche nel loro periodo iniziale, più psichedelico e allucinato, non è che si facessero chissà quali matte risate, ma poi, quando waters ha cominciato a prevalere nella produzione artistica della band, il danno è diventato irreversibile, la parabola dell'umore è stata discendente in maniera costante, fino all'inascoltabile the final cut. nondimeno, nonostante il pessimismo la facesse da padrone, l'analisi delle situazioni commentate era talmente lucida che qualcosina gli possiamo anche perdonare.

soprattutto quando il tutto era supportato da musica così così... così.

animals è un disco ampiamente sottovalutato. il suo unico difetto è stato quello di venire dopo due robine sconvolgenti come dark side e wish you were here: difficile far meglio di così. waters stava già prendendo il sopravvento per quel che riguarda la conduzione artistica: i testi sono via via sempre più pessimisti e i temi sono trattati alla luce dell'insoddisfazione e dell'insofferenza e vertono perlopiù sull'insensatezza dei comportamenti umani. la musica peraltro è sempre meno frutto della collaborazione tra i quattro; nondimeno, la vena creativa è ancora aperta, e c'è spazio per piccoli grandi capolavori.

dogs dura appena 17 minuti e qualcosa, è abbastanza per portarti via con sé, e ci riesce benissimo. anche senza seguire il testo, l'atmosfera di tutto il brano è così particolarmente evocativa che potete metterci dentro quel che volete voi - compreso il nulla assoluto. il pezzo si apre con un fade in di chitarra acustica, con dei begli accordi con diverse estensioni (farina del sacco di gilmour) che lasciano suonare le corde alte a vuoto, e le tastiere di wright a sottolineare l'intenzione quasi onirica; poco dopo entra la voce di waters e ti racconta:

You got to be crazy, you gotta have a real need
You gotta sleep on your toes and when you're on the street
You got to be able to pick out the easy meat with your eyes closed
And then moving in silently, down wind and out of sight
You gotta strike when the moment is right without thinking

And after a while, you can work on points for style
Like the club tie, and the firm handshake
A certain look in the eye and an easy smile
You have to be trusted by the people that you lie to
So that when they turn their backs on you
You'll get the chance to put the knife in

ho finito da poco di leggere american psycho (son rimasto indietro con le letture, lo ammetto) e il personaggio descritto qua potrebbe tranquillamente venir fuori da quell'ambiente; non si arriva alla pazzia conclamata - ma forse è solo perché non è nello stile inglese: hanging on in quiet desperation is the english way, e questo vale anche nel caso dello yuppie rampante, destinato a morire di cancro in solitudine.

a 3:35 finisce la chitarra acustica, cambia l'atmosfera, il tempo sembra calare. largo alla chitarra di gilmour, pure raddoppiata, che introduce una specie di secondo tema, sulla cui struttura si inserisce l'assolo centrale, fatto con una telecaster tagliente come un rasoio, mentre gli altri strumenti sono essenziali, usati quasi senza modificatori del suono. torna il canto e descrive la caduta finale del personaggio descritto:

And when you lose control, you'll reap the harvest you have sown
And as the fear grows, the bad blood slows and turns to stone
And it's too late to lose the weight you used to need to throw around
So have a good drown, as you go down all alone
Dragged down by the stone

stone... stone... stone... ripetuto infinitamente con un ritardo di 1.2 secondi. piccola nota tecnica: all'epoca non c'erano i processori digitali del suono, e i comuni mortali potevano tutt'al più accedere a eco analogici il cui massimo ritardo era 800 millisecondi. gli ingegneri del suono dei floyd gli hanno messo a disposizione un'eco di 1.2 secondi, cioè una volta e mezza quella disponibile normalmente. ma quello stone andava ripetuto ogni 1.2", non c'erano alternative praticabili.

ecco, adesso lasciate vagare la mente, perché per quasi quattro minuti altro non c'è da fare che seguire i tappeti sintetici di tastiera che ribadiscono gli accordi iniziali della chitarra acustica, e l'assolo ipnotico di synth. dopodiché, sentiamo la voce del protagonista, che mostra ancora un substrato di umanità, a dispetto di come appare al resto del mondo, ma è come se sentisse di non avere altra scelta che agire come agisce:

Deaf, dumb and blind, you just keep on pretending
That everyone's expendable, and no one has a real friend
And it seems to you the thing to do would be to isolate the winner
Everything's done under the sun
But you believe at heart everyone's a killer

e in ultimo, gran finale, con il ritratto della varia disperata umanità:

Who was born in a house full of pain
Who was trained not to spit in the fan
Who was told what to do by the man
Who was broken by trained personnel
Who was fitted with collar and chain
Who was given a pat on the back
Who was breaking away from the pack
Who was only a stranger at home
Who was ground down in the end
Who was found dead on the phone
Who was dragged down by the stone
Who was dragged down by the stone

accordo di minore nona, finalone. sipario. applausi.

enjoy.



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