mercoledì 26 marzo 2014

un numero imprecisato di anni schiavo

"dai, già nelle locandine hanno messo fassbender e pitt prima di me,
non vi è nemmeno piaciuto il film?"


qualche bel giorno fa sono andato a vedere 12 anni schiavo. nel frattempo l'ha visto anche l'amore mio e non le è piaciuto pegnente e tutto sommato direi proprio che, ripensandolo col giusto distacco, l'oscar non è che se lo sia meritato così tanto. l'impatto emotivo, però, mi ha fatto passare in secondo piano ogni tentativo di analisi estetica o stilistica (quand'anche ne fossi in grado): alcune scene sono di una crudezza tale che ogni attenzione mi è stata rubata dall'empatia, dall'umana pietà. si badi bene, però: non sto parlando di crudezza in senso splatter, nonostante le scene di frustate e la carne viva esposta - la passione di cristo, da questo punto di vista, rasentava la pornografia e forse proprio per questo non riusciva a risultare emotivamente coinvolgente - ma di crudezza come esposizione nuda di avvenimenti evidentemente disumani come se fossero normale amministrazione, senza la spettacolarizzazione a cui hollywood ci ha abituati. non c'è autocompiacimento nel mostrare la progressiva disumanizzazione del protagonista che, nel suo personale calvario, via via rivede costantemente al ribasso le sue aspettative nei confronti della vita.

se il film ha avuto un merito ai miei occhi, è proprio quello di farmi sorgere una riflessione su questo: su fin dove sia lecito abbassare la soglia delle proprie aspettative senza tradire la propria intima essenza. all'inizio della sua nuova vita da schiavo, northup pronuncia la famosa frase (come sani gesualdi): "io non voglio sopravvivere: voglio vivere!" - però, alla fine, è questo che fa: sopravvive, aspettando con giobbesca pazienza il momento in cui i tempi saranno maturi per tornarsene a casa sua, cosa che d'altra parte avviene solo grazie all'intervento del deus ex machina in sembianza di brad pitt con una barba da amish.

sopravvive facendo il bravo negro, compiacendo il suo padrone con le proprie abilità messe al suo servizio; sopravvive miracolosamente a un'impiccagione; sopravvive ai soprusi, agli inganni, alle frustate; alla fine, diventa egli stesso un aguzzino e frusta a sangue lupita n'yongo, e pure male: il padrone schiavista non è contento (e men che meno la di lui moglie gelosa) e non è contenta lei, che avrebbe voluto morire piuttosto che continuare una vita di soprusi. alla fine, quando lo sceriffo lo viene a prendere, sale sul calesse, saluta tutti e se ne va, e in culo tutti gli altri.

sì, vabbè, poi ha scritto l'autobiografia e ha fatto comizi per l'abolizionismo. dopo. solomon, ma non volevi vivere? e in quei dodici anni, che hai fatto? e quanti anni si possono lasciar passare, o quale gradino della scala dell'abiezione, della rinuncia si può scendere, prima di rassegnarsi all'idea che la tua vita non è più nemmeno sopravvivenza?

martedì 18 marzo 2014

il nero

succede spesso, con spike jonze: mette così tanta carne al fuoco che ogni tanto ti si ripresenta qualche scena (un po' come i peperoni) e le dai un significato diverso, oppure ne capisci meglio il senso.

intanto, gli attori. per me, che vado ancora al cinema come ci andavo da ragazzo, vale a dire disposto a credere alla veridicità di ogni cosa che mi viene raccontata solo perché proviene da un grande schermo luccicante, accorgermi - per esempio - che quella amy è sempre la sidney prosser di american hustle, ma anche la charlene fleming di the fighter è sempre una caduta dal pero. ma anche questo succede spesso, con spike jonze, che gli attori te li macina un po' come meglio preferisce e te li restituisce sotto forma di hamburger o di t-bone steak, dipende.

joaquin phoenix, invece, l'ho riconosciuto subito, anche se rimango sempre meravigliato che quello là che faceva l'imperatore commodo ha fatto pure freddie quell e adesso questo theodore twombly che dove se lo sarà trovato, dentro di sé? però è un fatto che lo ha trovato e lo ha indossato come i suoi vestiti di tutti i giorni (nella speranza che mò non tornino di moda i pantaloni ascellari).

ho dato del figlio di puttana a jonze durante la scena di sesso tra theodore e samantha. se pochi minuti prima mi aveva fatto sbellicare col gatto morto con cui la gattina sexy doveva essere soffocata, dopo mi ha mandato in un momento di pura estasi estetica.

ATTENZIONE SPOILER: la scena di sesso non c'è. non si vede un'improvvisa incarnazione di scarlett johansson, non si vedono immagini come quelle che theodore evocava mentre la gattina lo stuzzicava in audiochat e non si vede phoenix che si sbatacchia la nerchia, non si vedono nemmeno api fiori o farfalle, non si vede niente. lo schermo diventa nero e si sentono solo le voci dei due che si caricano vicendevolmente, fino ad avere un orgasmo.

mi è sembrato come se dicesse: "vi sparo tanta di quella pornografia dei sentimenti che quella del sesso virtuale ve la risparmio - tanto, non è di questo che stiamo parlando". oppure voleva significare che la prima volta che due, destinati a innamorarsi, fanno sesso è una cosa talmente totalizzante che noi spettatori, pur consapevoli della finzione, ne siamo necessariamente tagliati fuori.

jonze, che quasi ogni immagine la infarcisce di simboli e riferimenti, dissolve in nero, per tornare a mostrare lo skyline notturno di los angeles solo a cose fatte.

figlio di puttana. hat tip. e un gran bel film, dove ognuno potrà trovare raccontato un po' di sé, o di qualcuno che conosce, anche se a tratti jonze dà l'impressione di essere troppo ottimista sull'intelligenza media del suo spettatore. o forse non è mai stato in italia.


mercoledì 12 marzo 2014

dafuq with mymovies?

ieri sera sono andato a vedere snowpiercer. per guardarlo, mi son perso in tv, sull'unico canale che si vede ancora a casa mia, urlo: mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa.

vabbè, non mi aspettavo di vedere un capolavoro, ma nemmeno una cagata pazzesca, per dirla alla fantozzi. e invece: la seconda che ho detto. una trama che definire esile è ancora poco, personaggi tagliati con l'accetta, una sceneggiatura così prevedibile che al confronto, se vai a vedere una qualsiasi fedele trasposizione del vangelo, quasi quasi ti aspetti il colpo di scena.

e che dire del finale? ve lo spoilero, tanto è uguale. allora: c'è stata una improvvisa glaciazione causata da qualche governante disattento. ogni forma di vita scompare dalla terra e la scarsa umanità superstite viaggia perpetuamente su un treno da diciotto (diciotto) anni. tale umanità, indovinate? esatto, è divisa in classi sociali, laddove, indovinate? quelle agiate viaggiano in testa e quelle svantaggiate in coda e pertanto, indovinate? esatto, a qualcuno vien voglia di sovvertire l'ordine e indovinate? esatto, il leader della rivolta alla fine rimane da solo e fa il suo duello all'alba col principe dei cattivi, che fino ad allora non si era visto mai. insomma ve la faccio breve: esplode una bomba, il treno (che sarà stato lungo un chilometro) deraglia, gran parte dei vagoni finisce in burroni e precipizi e gli unici due di cui viene certificata la sopravvivenza sono una ragazzina diciassettenne e un bambino cinquenne.

che avvistano un orso polare.

fine del film.

(ci risparmiano l'orrore di vederli sbranati dal più grosso carnivoro terrestre).

ma non è tanto questo quel che mi fa specie di tutta la storia, quanto la recensione che ne ho trovato su mymovies. cito:

una profonda riflessione filosofica sulla natura dell'uomo e le sorti dell'umanità, cupa e inquietante, disperata e appropriatamente raggelante, ma al contempo venata di sapida ironia e aperta, nel finale ad un abbacinante raggio di speranza.

a parte che manca una virgola dopo finale, qualcuno mi dice dove il sig. bertolin ha visto il raggio di speranza? anche se sfuggissero all'orso polare, quei due morirebbero o di freddo o di fame, visto che son nati e sempre vissuti sul treno e non hanno mai saputo come procacciarsi il cibo. e, già che ci siamo, mi dite anche dove sta la profonda riflessione filosofica? nelle battute coglione del cattivo che propugna la divisione in classi e la guerra sola igiene del mondo come la versione contemporanea della selezione naturale? o nella mancata cristologia del buono-ex-cattivo-redento che voleva sacrificare un pezzo di sé per la sopravvivenza del gruppo - ma poi non ce l'ha fatta - ma nel finale si riscatta lasciando un braccio negli ingranaggi pur di salvare il bambino? la sapida ironia poi, non pervenuta.

ma non è finita:

Siamo insomma di fronte ad un cinema profetico che nell'immediato molti probabilmente rifiuteranno, ma che lascerà il segno, come negli ultimi decenni Blade Runner, Brazil, Strange Days o The Matrix.

a parte che si intitola soltanto matrix... bertolin, cambia spaccino: quella robba nunn'è bbona.

guardatevi il trailer: manca il finale, ma quello ve l'ho raccontato io; il resto del film c'è tutto, vi risparmiate i soldi e due ore di appesantimento testicolare.


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