lunedì 28 febbraio 2011

cielo di marzo di luna nuova

un sorriso per chiunque passi di qua, attento o distratto che sia, stupito o disincantato.

giovedì 24 febbraio 2011

finali alternativi

due ragazze in palestra, una la vedo che ogni tanto mi guarda convinta di non esser vista. canottiera, anzi, tank che contiene a malapena un push up inverecondo, se la tirano con evidente soddisfazione dando poche chances ai giovanotti palestrati che ronzano loro intorno. io mi faccio i cazzi miei. sento chiamare: "giuseppe...?" silenzio. "scusa, giuseppe...?" (più vicino) mi volto, sta dicendo a me. sorrido. "veramente mi chiamo stefano"
"ah... è che ho visto il braccialetto che ce sta scritto pino e pensavo... vabbè".
"ah"
"scusa, ti posso fare una domanda?"
"ne hai appena fatta una"
"come?"
"e sono due"
"mmmnon capisco"
"non importa, grazie per aver partecipato"
(non è mai accaduto, ma mi sarebbe piaciuto).

:-D :-D

martedì 22 febbraio 2011

però

colgo da più parti segnali della buona volontà di andare nella direzione più giusta. dice: e chi sei tu per decidere quale sia la direzione più giusta? secondo me è pure facile, la direzione più giusta è quella che quando arrivi ci sarà il maggior numero di benefici per il maggior numero di persone. chi pensa ancora che sia possibile una società che favorisca le disuguaglianze e contemporaneamente funzioni, è lui il vero utopista.

o forse sono soltanto io che mi son messo in uno stato d'animo più ricettivo e vedo cose che prima non vedevo, ma di solito ho l'abitudine di stare con gli occhi e le orecchie aperti. e comunque non è importante. l'importante è l'esistenza di una corrente di persone di buona volontà che si dicono disposte a mettere in secondo piano i propri interessi particolari, non tanto in favore di qualche cosa di astratto e tanto meno per la realizzazione di un fantomatico progetto inventato dal deus ex machina di turno, ma proprio con la consapevolezza che non può esistere un interesse particolare se prima non viene risolto il problema centrale, che è il benessere di quanti più possibile.

e la ricetta è semplice: basta che ognuno metta da parte aggressività e competitività, specialmente negli atteggiamenti quotidiani. che bisogno c'è (per dirne una) di saltare la fila al semaforo, chi è quella persona che ha assoluta necessità di guadagnare due minuti? e per quale motivo i tuoi due minuti sono più importanti dei miei? si metta in fila, per favore.

che piaccia o no, la storia è andata sempre solo in una direzione: il cambiamento ha sempre teso verso sempre maggiore disponibilità di risorse per un numero sempre maggiore di persone, e verso la progressiva eliminazione dei privilegi. se così non fosse, se fosse vero che mai niente cambia (principalmente l'opinione delle persone), non ci sarebbe così tanto accanimento da parte di pochi nel contrastare il progresso.

lunedì 21 febbraio 2011

passata la festa


nessuno si illuda: la strada da fare è ancora tanta e, soprattutto, la nostra storia recente ci ha portato nella direzione esattamente opposta a quella che ogni uomo di buona volontà auspicava. in termini di usi e costumi, di comportamenti ritenuti socialmente accettabili, ma più in generale di buon senso, siamo passati dall'ipocrita concetto del "si fa ma non si dice" (o, se preferite, di "occhio non vede, cuore non duole") a un altro che recita "io che posso, faccio. tu, no; e nemmeno mi devi rompere i coglioni". questo ha portato l'italia indietro di circa quarant'anni, mentre altri paesi civilizzati progredivano, seppure a rilento, verso forme sempre più allargate di rispetto e di tolleranza.

non sto a citare le classifiche mortificanti che ci vedono soprassati da paesi ripo ruanda per quel che riguarda la corruzione e la libertà di stampa e di pensiero (non ho niente contro il ruanda, ma insomma, abbiamo un pochino di storia in più rispetto ai ruandesi, magari avremmo potuto farne tesoro, invece di cacarci sopra). però, chiunque abbia l'opportunità di farsi un giro (possibilmente togliendosi le fette di salame dagli occhi) in altri paesi dell'europa occidentale potrà rendersi conto della differenza in positivo della qualità della vita.

tutto questo per dire che?

ieri ho incontrato un amico che commentava la manifestazione delle donne del 13 febbraio. i luoghi comuni si sono sprecati, perché vabbè, non tutti hanno la sensibilità di rinunciare a fare una facile battuta, e gliela si perdona anche, finché è innocua. ma quanto è innocua? diverso tempo fa sottolineavo che eravamo arrivati al governo del bar dello sport: il qualunquismo da bar, appunto, che assurge a forza di governo. e va da sé che se lo fa il capo del governo, vuol dire che va bene.

tralasciamo la dietrologia - anche se son convinto che niente accade per caso - e facciamo finta che il tutto non faccia parte di un preciso disegno volto alla ricerca del consenso. in ogni caso, questo atteggiamento di avallo del senso comune a scapito del buon senso, questo doloso sonnecchiamento della ragione, ha creato diversi mostriciattoli, non ultimo quello dello sdoganamento dei pensieri maschili più retrivi, che fino a qualche anno fa uno si vergognava pure un po' di confessare, per non passare da maschilista retrogrado (versione già più politically correct di vile maschio sciovinista).

ecco, oggi fare il maschio sciovinista è tornato ad essere sinonimo di ganzo. complimenti per la trasmissione, è proprio il caso di dirlo.

nessuno si illuda, la strada da fare è ancora tanta. se non altro, perché ci hanno riportato indietro di quaranta caselle.

nella foto, la homepage di repubblica.it di oggi, con il delicato omaggio a tutte le donne del 13 febbraio.

giovedì 17 febbraio 2011

compleanni



"siamo giovani, siamo progettati per essere dei cazzoni!"

mando un sms di auguri a un amico lontano che compiva 51 anni esattamente sette settimane prima di me. domando ovviamente anche come sta; risponde: "bene, ma mi sento vecchio". replico che la vecchiezza è una sensazione che non mi posso permettere.

e non è tanto per il fatto che i suoi figli hanno ormai più di vent'anni mentre i miei vent'anni li fanno sommando le loro età, e nemmeno perché dal punto di vista lavorativo non sono "arrivato" da nessuna parte. e nemmeno perché ho l'impressione che non sono ancora diventato grande, figuriamoci se posso concepire di diventare vecchio.

no, la sensazione è diversa: io non mi sento di avere il diritto di invecchiare, perché guardo le generazioni più recenti e non mi sembrano giovani. un vecchio detto recita che chi non è comunista a vent'anni è senza cuore (e chi lo è ancora a quaranta è senza cervello, vabbè): in sostanza, significa che l'adolescenza è il periodo passionale della vita, quello in cui tutto ti sembra possibile, anche la realizzazione delle utopie più ardite. a vent'anni, paradossalmente, sei disposto a scommettere anche contro la morte, perché hai talmente fiducia nel futuro da crederti immortale; e per quanto pessimista tu possa essere, sei convinto che ci sarà un domani e che ti apparterrà.

io, questo, nei ventenni di oggi non lo vedo, ovvero lo vedo in misura sempre minore, via via che le generazioni si susseguono: e credo che la colpa sia da ricercare nello stile di vita massimamente propagandato oggi, che esalta l'individualismo ma mortifica l'individuo; che esalta l'edonismo contro l'estetica; che ti porta a credere che il divertimento sia appannaggio dei ricchi e dei superficiali.

per questo non posso sentirmi vecchio, né anziano, né maturo, né niente che possieda la connotazione della stasi o peggio della rinuncia: noi che sappiamo come vivere con poco, che conosciamo il valore delle relazioni umane ben prima di scoprirne il prezzo, che per divertirci non abbiamo bisogno di coca, alcool o musica a 110 db, dovremmo far capire tutto questo a chi sta incappando nel grossolano errore di credere che la vita vera sia quella della tv, dove anche se sei un deficiente integrale puoi guadagnare migliaia di euro, basta che partecipi a un programma per guardoni compulsivi o ti svesti per le telecamere.

e soprattutto, dovremmo dire chiaro e forte che il valore di una persona non si misura in euro.

mercoledì 16 febbraio 2011

maîtres à penser


non so se si legge bene: a sinistra del klimt c'è una citazione firmata madre teresa di calcutta; in calce, una dal cantico dei cantici. a destra, vi è la citazione, ma non la fonte.

eccerto. non volevano far sfigurare gli altri due.

"di innamorarsi sono capaci tutti, e a tutti può accadere. amare una persona è un'altra cosa. quello l'ho dovuto imparare".

da chi proverrà mai questa perla di saggezza che sembra cucita su misura per l'amore cristiano tra un uomo una donna e possibilmente i molti loro bambini nati dalla famiglia naturale? ve lo dico io: fabio volo.

mica pizza e fichi.

venerdì 11 febbraio 2011

parole d'imperio

3. cosa, come.

Minerva continua a pensare, per esempio, che il sesso sia meraviglioso (...) se è eros.
(...)
E, scostandoci dal discorso erotico, (...) io vorrei poter essere persona tra persone, non avere nessun ruolo oppure avere tutti i ruoli possibilmente contemplabili con gli interlocutori con i quali mi accompagno per condividere momenti delle nostre vite.
(...)
E vorrei infine (...) cominciare con il riappropriarmi di parole che poteri perversi hanno declinato a finalità in aperta antitesi a ciò che esprimevano in precedenza.

non sarà semplice spiegare in che modo io veda questi tre passaggi in strettissima correlazione tra loro. io leggo queste parole e per me la cosa salta agli occhi con un'evidenza lapalissiana, ma capisco che non per tutti possa essere così. soprattutto perché io vedo in esse un punto di partenza per quel progetto politico di cui vaneggiavo poc'anzi. mi vengono in soccorso di nuovo le parole di minerva:

Forse già solo questo – affermare la nostra presenza, in questa società in crisi, come presenza consapevole, riflessiva, e segnata dall’intenzione, dal desiderio, dalla tensione verso un certo nostro immaginario – potrebbe essere ‘rivoluzionario’.

ma non credo nemmeno ci sia da fare una rivoluzione: casomai, c'è da invertire una tendenza, cosa che richiede uno sforzo e tempi sicuramente maggiori, ma che altrettanto sicuramente dà risultati più duraturi: raggiungere una consapevolezza e rinunciare a parteciparne gli altri è come non averla raggiunta: non serve nemmeno a se stessi, perché comunque ci si sentirà diversi, alieni, soli. e chi si isola dal resto del mondo condanna se stesso al fallimento, come nel racconto della nascita del giullare nel mistero buffo: il contadino ha sbagliato nel non condividere la terra con gli altri, perché è solo con l'aiuto degli altri che avrebbe tenuto a distanza il padrone. da solo, deve chinare il capo davanti alla prepotenza e al ricatto.

(che poi, forse, se alla gente gli fai degli esempi concreti e validi, magari manco s'accorgono che gli stai parlando di comunismo. che non è una parolaccia, né tanto meno un insulto. ma questa è ancora un'altra storia).

per quanto mi riguarda, non starò più zitto.

perché poi, secondo me, le cose son tutte collegate

2. reagire

Tristezza e mediocrità davanti ai miei occhi – questo vedo e da questo intendo fuggire!

e, più sotto, citazione dagli hüsker dü: revolution starts at home, preferably in the bathroom mirror (potevamo aggiungerci anche il compianto jacko, i'm starting with the man in the mirror)

giusto e sacrosanto. se quello che non vediamo non ci piace, non basta dire: "questo non mi piace, non va bene". bisogna dire chiaro e forte non solo perché non piace, ma anche che cosa invece piace, senza lasciarsi sopraffare dal chiacchiericcio mainstream e dai modelli culturali imperanti, e senza aver paura che le proprie intime sensazioni non siano degne di diventare - o quanto meno di far confluire le coscienze verso - un progetto politico, nell'accezione più vera dell'aggettivo.

uno alla volta (la carne al fuoco è tanta)

1. le premesse

Minerva, in effetti, è disgustata per l’incoerenza tra il dire e il fare, infastidita per l’ignoranza, l’incompetenza e la volgarità assurte a valori positivi e premesse ineluttabili alla carriera politica, e infine indignata per la retribuzione di tutti costoro con i soldi di noi cittadini.

ma allarghiamo il campo di osservazione: ignoranza, incompetenza e volgarità allignano a tutti i livelli e non sono soltanto premesse ineluttabili alla carriera politica: vorrei aggiungere anche che insensibilità e capacità critiche ridotte ai minimi termini sono ormai diventate qualità ritenute insostituibili per qualsiasi successo, in qualsiasi campo, dalla vita pubblica a quella lavorativa, giù giù fin nelle ultime pieghe di un rapporto privato.

personalmente, ho la convinzione che il valore di una persona non si misuri in euro, e nemmeno in termini di successo sociale. apprezzo e amo invece chi sa vedere la bellezza, con ciò mostrando la sua sensibilità - probabilmente perché sapere della sua esistenza mi distoglie da quell'atteggiamento riassunto nelle due righe di una commentatrice al post di minerva: "Mi sento assediata da valanghe di cacca, non apro a chi non conosco, non accetto caramelle, filtro le telefonate e il tasto mute del telecomando è il mio migliore amico.
Non è facile vivere sotto assedio, al mattino allo specchio faccio sgroarr ma anche oh cazzo un altro giorno. Passerà".

allora, non voglio stare a ribadire contro cosa sono, anche se certamente è utile a ciascuno saperlo, ma voglio dire con la massima forza possibile per cosa sono, quali sono quelli che io ritengo i valori a cui deve essere informata la vita delle persone, perché sia davvero migliore e non solo ripiena di gadgets e di apps.

abbiamo bisogno di un'etica diversa, se necessario di tornare anche sui nostri passi, a riprenderci là dove ci eravamo abbandonati, e proseguire un cammino che volgarità e opportunismo, assurti a valori assoluti, avevano interrotto. virtù, bellezza, verità e bontà non sono oggetti di antiquariato, sono parole che vanno riempite dai nostri concetti.

illuminazioni

stamattina, consueto giro dei blog altrui, che faccio più che altro per farmi due risate - ormai leggo quasi solo blog satirici/umoristici, quando incappo nel post che più sotto riporto integralmente. è stata un'illuminazione. ogni due, tre righe trovo parole che potrebbero diventare il manifesto di qualcosa, parole che sanno forse di già sentito, già visto, sì, ma in fondo mai realizzato, né si può dire che si tratti di un progetto fallito - in quanto nessuno mai ne ha tentato davvero l'attuazione.

e allora ho deciso che riparto. riparto perché non sono affatto rassegnato all'idea che la bellezza, l'amore, la libertà (che sono tutt'altro che parole vuote di concetti! e cazzo riappropriamoci dei significati delle parole!!) non possano essere elementi fondanti e fondamentali della vita delle persone. riparto da qui, dal poco che ho a disposizione, ma potrebbe non esser poco, se ognuno porta un'idea, un contributo, anche solo un "sì, ci sto" se proprio non trova parole che ritiene adatte. riparto, perché non riesco a credere che abbiano ragione loro. leggete con attenzione, per favore.

Buongiorno a tutti! Minerva Jones è un po’ frastornata da tutta questa baraonda che va avanti da settimane, ma l’occasione le è gradita per spendere anche qui due parole su immaginari, bellezza, sensorialità, e vari altri elementi che possono rendere la nostra esistenza un po’ più felice – pur nella landa desolata della tristezza politica e mediatica con cui ci confrontiamo ogni giorno e nella fatica di vite quotidiane in cui sopravvivere è diventata la scalata di una parete rocciosa a mani nude.
Minerva, in effetti, è disgustata per l’incoerenza tra il dire e il fare, infastidita per l’ignoranza, l’incompetenza e la volgarità assurte a valori positivi e premesse ineluttabili alla carriera politica, e infine indignata per la retribuzione di tutti costoro con i soldi di noi cittadini – ma non su questo vuole invitarvi a pensare.
Lei, soprattutto, non riesce proprio a stare dentro immaginari contaminati da squallore, ignoranza, volgarità – e rimane convinta che la condizione e le relazioni umane potrebbero far provare ben altro, se mutassimo punto di vista e ci predisponessimo a viverlo.

Tristezza e mediocrità davanti ai miei occhi – questo vedo e da questo intendo fuggire!

Minerva continua a pensare, per esempio, che il sesso sia meraviglioso non tanto se è ‘libero’, quanto se è eros (Marcuse docet) – ovvero un insieme di desiderio, passione, complicità, comprensione, comunicazione e condivisione in cui tu, semplice essere umano, per un istante accedi all’assoluto, diventi ‘eterno’, annulli lo spazio e il tempo, e poi porti con te la positività che hai provato in quell’istante nella tua vita quotidiana, investendola di ‘energia vitale’ (un mix strepitoso di endorfine, ossitocina, serotonina e via dicendo). Vogliamo comparare questo con un paio di palpatine a pagamento?
Perché il mio immaginario erotico deve allora essere impoverito al livello del Drive In (carne da macello) – che mi propina una televisione ripetitiva e stanca o una politica che mette mano al portafoglio – se invero per me è moto dell’anima, situazione magica, tensione verso il piacere che pur posso vivere nella mia vita quotidiana ogni volta che un profumo mi porta in un’altra dimensione della memoria, un alimento mi stimola tutti i sensi, una conversazione mi riempie il cuore, la vista del mio innamorato me lo riduce in mille pezzi?

E scostandoci dal discorso erotico, per parlare piuttosto di relazioni sociali, sarò un’idealista ma ritengo che i rapporti tra le persone non dovrebbero più modellarsi su categorie e ruoli che in ultima analisi hanno privato tutti noi della libertà di espressione, vincolandoci a espliciti o impliciti compiti e limiti di azione: finché ci sarà una donna che verrà trattata come una povera scema oggetto di dominio maschile, ci sarà un uomo che verrà dileggiato se vorrà esprimere le proprie fragilità e i propri sentimenti.
Che siamo uomini, donne, ‘corpi universali’ – che m’importa? Io vorrei poter essere persona tra persone, non avere nessun ruolo oppure avere tutti i ruoli possibilmente contemplabili con gli interlocutori con i quali mi accompagno per condividere momenti delle nostre vite – mutualmente complici, amici, alleati, compagni, padri, figli, fratelli, amanti, che negoziano direttamente e liberamente tra loro, di volta in volta, regole e limiti di una relazione che fa stare bene entrambi.

E vorrei infine, a chiusura parziale di una lista dei desideri che sarebbe davvero troppo lunga, cominciare con il riappropriarmi di parole che poteri perversi hanno declinato a finalità in aperta antitesi a ciò che esprimevano in precedenza. La parola ‘libertà’ in bocca a chi pretende di regolamentare questioni così private che investono la medesima gestione personale del nostro corpo io lo trovo un evidente paradosso (nonché un abominio), così come il termine ‘amante’ – potenzialmente ricchissimo di connotazioni di dono d’amore appassionato (e gratuito) – è ora decaduto a designare persone che vivono ruoli sgradevoli in relazioni fasulle.

Revolution starts at home, preferably in the bathroom mirror (“La rivoluzione comincia a casa, preferibilmente davanti allo specchio del bagno”), scrivevano gli Hüsker Dü.

Ciascuno di noi ha un proprio ‘mondo immaginario/immaginato’ – un’inedita e unica intersezione di memoria e desiderio. La storia dell’umanità, nei suoi piccoli e grandi cambiamenti, ci insegna che la trasformazione di una società e di una cultura avviene nel momento in cui alcuni iniziano a percepire i mondi immaginari/immaginati come ‘mondi possibili’ – potenziali collocazioni e proiezioni future di sé (e non sto parlando di politica, di partiti, di rappresentanze: sto parlando proprio delle nostre vite quotidiane e delle nostre relazioni faccia-a-faccia).
Forse già solo questo – affermare la nostra presenza, in questa società in crisi, come presenza consapevole, riflessiva, e segnata dall’intenzione, dal desiderio, dalla tensione verso un certo nostro immaginario – potrebbe essere ‘rivoluzionario’.

E voi? Quali sono gli elementi che vi rendono felici, le componenti del vostro immaginario, a prescindere da quello che invece vi viene proposto come modello mediatico e politico oggi? E se sono già presenti nelle vostre vite quotidiane - questi elementi - potreste spingerli magari ‘oltre’? Perché, in tal caso, non cominciare a farlo ora?

l'originale è qui.