toh, che ogni tanto capita di imbattersi in un blog perlomeno simpatico.
per esempio,
venerdì 27 marzo 2009
martedì 17 marzo 2009
ganfione gives up
ho incontrato ganfione (quello vero). la buona notizia è che è sopravvissuto egregiamente al letargo; quella cattiva è che non sarà più dei nostri.
ha detto che il letargo gli è servito: il non dover preoccuparsi di procacciarsi il cibo e di evitare i predatori gli ha liberato un paio di neuroni che di solito erano impegnati per default, e quindi ha avuto modo di riflettere su un paio di cose. dice anche che la prima cosa che riguarda gli umani e che ha visto appena uscito dal letargo è stata vicky cristina barcelona di woody allen, e questo gli ha confermato quel che aveva intuito. sintetizzo qui per voi il suo pensiero.
in nuce, dice che gli esseri umani sono noiosi nella loro inutile complicatezza, e come esempio paradigmatico ha scelto quello delle nostre meccaniche relazionali uomo-donna: visto che la riproduzione non è per noi l'ultimo fine di questo tipo di relazione, non capisce per quale motivo ci ostiniamo a discriminare i partner in base agli stessi criteri volti all'eugenetica. riferendosi a vicky cristina barcelona, ha detto che gli si è quasi fuso il cervello nel vedere tutti i protagonisti perseguire la loro infelicità con uno zelo degno di miglior causa: la bionda che a momenti si fa perforare l'ulcera pur di convincersi di aver voglia di scopare con l'artista perché deve dimostrare a se stessa che è libera e indipendente, la mora che continua a volersi sposare con quel comò decerebrato anche se è l'ultima cosa al mondo che vorrebbe fare, penelope cruz che ha sbroccato perché è l'unica che nel mucchio ha talento ma per affermarlo deve vivere all'ombra di un uomo e bardem che per portarsi a letto un paio di turiste mentalmente disturbate e perdipiù americane deve fingersi artista. braccia rubate all'agricoltura.
e non sto a riferirvi che cosa ha detto riguardo al fatto che la maggior parte di noi lavora per costruire cose che non può permettersi di comprare, e per permettere a pochi di far vivere molti in uno stato di semischiavitù. dice che, a microcosmos, chi perde muore o diventa schiavo, non ci sono vie di mezzo, tutto il resto è perdita di tempo e di risorse.
per cui, signore e signori, ganfione ha deciso che resterà a microcosmos a godersi la sua breve e significativa vita, e pertanto da queste parti non leggeremo più il suo stupore e la sua meraviglia nel commentare le azioni umane.
sembrava un po' marco messeri in la messa è finita, quando chiude la porta in faccia a moretti dicendogli: "la vita è volgare".
ha detto che il letargo gli è servito: il non dover preoccuparsi di procacciarsi il cibo e di evitare i predatori gli ha liberato un paio di neuroni che di solito erano impegnati per default, e quindi ha avuto modo di riflettere su un paio di cose. dice anche che la prima cosa che riguarda gli umani e che ha visto appena uscito dal letargo è stata vicky cristina barcelona di woody allen, e questo gli ha confermato quel che aveva intuito. sintetizzo qui per voi il suo pensiero.
in nuce, dice che gli esseri umani sono noiosi nella loro inutile complicatezza, e come esempio paradigmatico ha scelto quello delle nostre meccaniche relazionali uomo-donna: visto che la riproduzione non è per noi l'ultimo fine di questo tipo di relazione, non capisce per quale motivo ci ostiniamo a discriminare i partner in base agli stessi criteri volti all'eugenetica. riferendosi a vicky cristina barcelona, ha detto che gli si è quasi fuso il cervello nel vedere tutti i protagonisti perseguire la loro infelicità con uno zelo degno di miglior causa: la bionda che a momenti si fa perforare l'ulcera pur di convincersi di aver voglia di scopare con l'artista perché deve dimostrare a se stessa che è libera e indipendente, la mora che continua a volersi sposare con quel comò decerebrato anche se è l'ultima cosa al mondo che vorrebbe fare, penelope cruz che ha sbroccato perché è l'unica che nel mucchio ha talento ma per affermarlo deve vivere all'ombra di un uomo e bardem che per portarsi a letto un paio di turiste mentalmente disturbate e perdipiù americane deve fingersi artista. braccia rubate all'agricoltura.
e non sto a riferirvi che cosa ha detto riguardo al fatto che la maggior parte di noi lavora per costruire cose che non può permettersi di comprare, e per permettere a pochi di far vivere molti in uno stato di semischiavitù. dice che, a microcosmos, chi perde muore o diventa schiavo, non ci sono vie di mezzo, tutto il resto è perdita di tempo e di risorse.
per cui, signore e signori, ganfione ha deciso che resterà a microcosmos a godersi la sua breve e significativa vita, e pertanto da queste parti non leggeremo più il suo stupore e la sua meraviglia nel commentare le azioni umane.
sembrava un po' marco messeri in la messa è finita, quando chiude la porta in faccia a moretti dicendogli: "la vita è volgare".
lunedì 16 marzo 2009
venerdì 6 marzo 2009
pillole (2)
stamattina ascoltavo un gruppo di cui non conoscevo l'esistenza, si chiamano animal collective. i primi dieci minuti di ascolto sono stati quasi traumatici, aspettavo che succedesse qualcosa, tipo poter riconoscere un ritmo, una melodia, perlomeno un suono familiare, ma niente; stavo quasi per cedere all'impulso di scorrere rapidamente le tracce in cerca di qualcosa che incontrasse il mio orecchio.
poi ho avuto un'illuminazione: quando assumi uno stupefacente, la cosa peggiore che puoi fare è pretendere di resistere al suo effetto. se resisti, sei destinato a soccombere, perché la sostanza attiva rimarrà tale fino al suo smaltimento metabolico, e non si può pretendere di avere la meglio su di lei tornando forzosamente a uno stato di coscienza normale - dopotutto, lo stupefacente sta lì apposta per questo. bisogna comprenderne l'effetto e assecondarlo, diventare tutt'uno con lui, capire che non c'è da una parte la droga e dall'altra tu, ma che hai dato vita a un essere composito, che è il risultato di tu + la droga, e agire di conseguenza.
ecco: per ascoltare gli animal collective devi dimenticarti l'ascolto tradizionale, quello che pretende che all'orecchio arrivino ritmi e melodie scanditi da strumenti tradizionali: devi abbandonarti al loro gioco, entrare nella loro logica e ammettere che la musica può non essere solo melodia, armonia e ritmo. questo deve somigliare molto all'impatto che può avere avuto la musica rock sui benpensanti classicofili degli anni '50 e '60: rumore. ma la storia insegna che cercare di opporsi a ciò che stravolge il senso estetico vigente è inutile e dannoso: resistance is futile.
per il momento (mezz'ora di ascolto) credo di ravvisare il germe della genialità. per una recinzione completa e soprattutto per dimostrare un qualche entusiasmo, preferisco aspettare di aver ascoltato tutto.
poi ho avuto un'illuminazione: quando assumi uno stupefacente, la cosa peggiore che puoi fare è pretendere di resistere al suo effetto. se resisti, sei destinato a soccombere, perché la sostanza attiva rimarrà tale fino al suo smaltimento metabolico, e non si può pretendere di avere la meglio su di lei tornando forzosamente a uno stato di coscienza normale - dopotutto, lo stupefacente sta lì apposta per questo. bisogna comprenderne l'effetto e assecondarlo, diventare tutt'uno con lui, capire che non c'è da una parte la droga e dall'altra tu, ma che hai dato vita a un essere composito, che è il risultato di tu + la droga, e agire di conseguenza.
ecco: per ascoltare gli animal collective devi dimenticarti l'ascolto tradizionale, quello che pretende che all'orecchio arrivino ritmi e melodie scanditi da strumenti tradizionali: devi abbandonarti al loro gioco, entrare nella loro logica e ammettere che la musica può non essere solo melodia, armonia e ritmo. questo deve somigliare molto all'impatto che può avere avuto la musica rock sui benpensanti classicofili degli anni '50 e '60: rumore. ma la storia insegna che cercare di opporsi a ciò che stravolge il senso estetico vigente è inutile e dannoso: resistance is futile.
per il momento (mezz'ora di ascolto) credo di ravvisare il germe della genialità. per una recinzione completa e soprattutto per dimostrare un qualche entusiasmo, preferisco aspettare di aver ascoltato tutto.
pillole (1)
ogni tanto penso a ganfione (quello vero). non so dove sia, né ho informazioni sulle abitudini degli esserini come lui, quindi non so se passa il letargo in un bozzolo, in un buco in un albero o sotto terra. spero soltanto che non sia annegato a causa delle abbondanti piogge invernali.
martedì 3 marzo 2009
come isiort
vi ricordate massimo troisi in (mi pare) le vie del signore sono finite? il suo personaggio diceva che lui non leggeva libri, perché tutti quelli che scrivono libri sono tantissimi, quindi vengono pubblicati tantissimi libri, che lui, che è uno soltanto, non riuscirà mai a leggere, quindi nemmeno comincia.
ecco, a me succede l'esatto contrario: c'è tanta musica, tanta bella musica, e a me piace ascoltarla, esplorarla, possibilmente capirla e infine lasciarmi trasportare dalle emozioni che mi suscita, e non sempre (leggi: quasi mai) riesco a trovare le parole per descriverla, o per spiegare perché mi emoziona.
come si fa per esempio a comunicare il senso di monumentalità che mi trasmette songs in the key of life, o quanto robben ford riesca a mantenere l'equilibrio tra la tradizione blues e l'esigenza di un fraseggio ricercato, oppure ancora l'esattezza delle parole di joni mitchell: delusa, disillusa, ma mai autoindulgente - e cantate su una musica impeccabile?
e si potrebbe continuare infinitamente: il finale di it, da the lamb lies down on broadway, è qualcosa che non può lasciare indifferente nemmeno l'ascoltatore più arido, ma come fare per descriverlo a parole?
le parole. così inaffidabili, eppure così necessarie.
ecco, a me succede l'esatto contrario: c'è tanta musica, tanta bella musica, e a me piace ascoltarla, esplorarla, possibilmente capirla e infine lasciarmi trasportare dalle emozioni che mi suscita, e non sempre (leggi: quasi mai) riesco a trovare le parole per descriverla, o per spiegare perché mi emoziona.
come si fa per esempio a comunicare il senso di monumentalità che mi trasmette songs in the key of life, o quanto robben ford riesca a mantenere l'equilibrio tra la tradizione blues e l'esigenza di un fraseggio ricercato, oppure ancora l'esattezza delle parole di joni mitchell: delusa, disillusa, ma mai autoindulgente - e cantate su una musica impeccabile?
e si potrebbe continuare infinitamente: il finale di it, da the lamb lies down on broadway, è qualcosa che non può lasciare indifferente nemmeno l'ascoltatore più arido, ma come fare per descriverlo a parole?
le parole. così inaffidabili, eppure così necessarie.
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