martedì 3 marzo 2009

come isiort

vi ricordate massimo troisi in (mi pare) le vie del signore sono finite? il suo personaggio diceva che lui non leggeva libri, perché tutti quelli che scrivono libri sono tantissimi, quindi vengono pubblicati tantissimi libri, che lui, che è uno soltanto, non riuscirà mai a leggere, quindi nemmeno comincia.

ecco, a me succede l'esatto contrario: c'è tanta musica, tanta bella musica, e a me piace ascoltarla, esplorarla, possibilmente capirla e infine lasciarmi trasportare dalle emozioni che mi suscita, e non sempre (leggi: quasi mai) riesco a trovare le parole per descriverla, o per spiegare perché mi emoziona.

come si fa per esempio a comunicare il senso di monumentalità che mi trasmette songs in the key of life, o quanto robben ford riesca a mantenere l'equilibrio tra la tradizione blues e l'esigenza di un fraseggio ricercato, oppure ancora l'esattezza delle parole di joni mitchell: delusa, disillusa, ma mai autoindulgente - e cantate su una musica impeccabile?

e si potrebbe continuare infinitamente: il finale di it, da the lamb lies down on broadway, è qualcosa che non può lasciare indifferente nemmeno l'ascoltatore più arido, ma come fare per descriverlo a parole?

le parole. così inaffidabili, eppure così necessarie.

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