fusco!...
amaniero!...
sette più a chi riconosce la citazione, sette e mezzo a chi rinuncia a usare google.
giovedì 30 luglio 2009
mercoledì 29 luglio 2009
non ci siamo
vorrei conoscere personalmente i redattori della rivista americana maxim worldwide, e magari uno per uno anche i suoi due milioni e mezzo di lettori, i quali probabilmente concordano col giudizio della rivista su chi siano le dieci donne più belle - o più sexy, non s'è capito - del mondo. lasciamo pure stare il fatto che le due cose non coincidono necessariamente, ma anche dando per buono il fatto che la bellezza sia l'unico criterio per considerare desiderabile una donna, ma cazzarola, davvero la fantasia di due milioni e mezzo di acquirenti (e i lettori saranno certamente molti di più) non sa andare oltre l'accettazione supina della proposta estetica mediatico-televisiva?
no, dico, rihanna all'ottavo posto. ne vogliamo parlare?
aridatece isabelle adjani.
no, dico, rihanna all'ottavo posto. ne vogliamo parlare?
aridatece isabelle adjani.
martedì 28 luglio 2009
certe mattine
certe mattine arrivo in ufficio e non mi ricordo nemmeno di essere partito. mi rendo conto di essere arrivato vicino alla destinazione perché devo disinserire il pilota automatico e compiere dei gesti volontari per attraversare il traffico della città, e se guardo l'orologio mi accorgo che è passato del tempo dall'ultima volta che l'ho guardato, ma poi non così tanto quanto avrebbe potuto essere. la mia teoria, anzi, le mie teorie sono due: una, che certa musica ha il potere di trasportarmi in uno stato di trance che mi impedisce di patire le affezioni dal reale contingente. due, lo stato di trance ha il potere di modificare lo spazio-tempo intorno a me e, a scelta, lo spazio si restringe o il tempo si dilata, infatti il tachimetro indica suppergiù sempre gli stessi valori tutti i giorni, ma quelle volte che cado in trance musicale arrivo prima del solito.
infatti mi ricordo che c'era un lungo strumentale molto psichedelico e molto anni '70 (forse perché era degli anni '70) al termine del quale uno parlava del cemento armato. poco dopo sempre lo stesso raccontava di una sfigata trovata morta dentro i suoi logori blue jeans, e pochi minuti dopo c'era un altro il cui unico scopo era la costa occidentale, che poco dopo ancora si lamentava che lavorava dalle sette, sette, sette alle undici ogni giorno e questo rendeva la sua vita davvero pesante. giusto il tempo di sentirlo cantare fuori sulle tegole ed era arrivato il momento di spegnere i fari e tirare su i finestrini. guardo l'orologio ed è passato troppo poco tempo, sicuramente ho attraversato un paradosso spaziotemporale.
e che, solo giacobbo può dire stronzate?
infatti mi ricordo che c'era un lungo strumentale molto psichedelico e molto anni '70 (forse perché era degli anni '70) al termine del quale uno parlava del cemento armato. poco dopo sempre lo stesso raccontava di una sfigata trovata morta dentro i suoi logori blue jeans, e pochi minuti dopo c'era un altro il cui unico scopo era la costa occidentale, che poco dopo ancora si lamentava che lavorava dalle sette, sette, sette alle undici ogni giorno e questo rendeva la sua vita davvero pesante. giusto il tempo di sentirlo cantare fuori sulle tegole ed era arrivato il momento di spegnere i fari e tirare su i finestrini. guardo l'orologio ed è passato troppo poco tempo, sicuramente ho attraversato un paradosso spaziotemporale.
e che, solo giacobbo può dire stronzate?
domenica 26 luglio 2009
on the road again
- papà, hanno parcheggiato due moto rosse vicino alla tua!
- !! affronto e sfida! chi osa?! vedere!
ma invece era proprio un bel quadretto, pareva di stare da un concessionario ducati: accanto al mio piccolo 620 dark riposavano placide un monster s4 e una 1098. metterle in moto tutte e tre insieme sarebbe stato un bel concertino.
la piccola apprezza il vento e la velocità, lo sapevo prima ancora di portarla a fare un giretto - giusto fin in fondo alla strada e ritorno, ma abbastanza per farle: "pronta?"
"via!"
in seconda, aprire il gas quel tanto che basta per farle sentire la spinta, arrivare ad appena 5000 giri e lasciare la manopola, ma poi, andando a prendere le pizze, ongi quattro passi ripeteva "che figo!"
sette anni, e già una bad girl. una promessa.
le altre due mostravano segni di usura degli pneumatici che testimoniavano una spiccata attitudine per le pieghe al limite, al confronto le mie gomme sembravano usate su un'automobile. ma non è la piega perfetta il mio obiettivo, quanto farmi qualche bella cavalcata da solo per le strade più belle d'italia.
per andare a trovare i figli al mare si può pure attraversare l'italia per il largo, da un mare all'altro, passando per paesi che si chiamano lanciafame, nel comune di scheggia e pascelupo. viene freddo solo a sentirli nominare. e va' che bel drittone, qui si possono allungare la quarta, la quinta, la sesta, la sett... no, la settima non c'è. giù due marce e spalancare all'imbocco della curva, nella solitudine assolata delle quattro del pomeriggio.
dall'altra parte della strada, altri cavalcatori su altre moto, è sempre un piacere farsi un segno di saluto, una cosa che dice: siamo simili, almeno in qualcosa; i più cafoni sono quelli sulle granturismo, quasi mai rispondono ai saluti. non è mica colpa mia se ti porti a spasso 300 chili di inutilità. ci si riconosce di più con quelli con le sportive e le naked, quello che ha più bagaglio ha sulle spalle uno zainetto come il mio.
e le curve sul passo della somma sono un'autentica figata, e sisisì prometto che la prossima volta che passo rispetterò il limite di 70 orari e non sorpasserò. oggi no, oggi va così, col vento addosso che cerca di strapparti le mani dalle manopole, e la voce bassa del bicilindrico che non diventa mai un urlo, ma sovrasta di certo ogni altro rumore.
e curva dopo curva, piega dopo piega, l'easy rider de noantri torna a casa fermandosi solo per la benzina e la pipì, e quando alla fine rimetto la catena al mio cavallo di ferro, mi accorgo che gli pneumatici sono un po' più consumati verso il bordo del battistrada. ma dai che non andavo forte.
- !! affronto e sfida! chi osa?! vedere!
ma invece era proprio un bel quadretto, pareva di stare da un concessionario ducati: accanto al mio piccolo 620 dark riposavano placide un monster s4 e una 1098. metterle in moto tutte e tre insieme sarebbe stato un bel concertino.
la piccola apprezza il vento e la velocità, lo sapevo prima ancora di portarla a fare un giretto - giusto fin in fondo alla strada e ritorno, ma abbastanza per farle: "pronta?"
"via!"
in seconda, aprire il gas quel tanto che basta per farle sentire la spinta, arrivare ad appena 5000 giri e lasciare la manopola, ma poi, andando a prendere le pizze, ongi quattro passi ripeteva "che figo!"
sette anni, e già una bad girl. una promessa.
le altre due mostravano segni di usura degli pneumatici che testimoniavano una spiccata attitudine per le pieghe al limite, al confronto le mie gomme sembravano usate su un'automobile. ma non è la piega perfetta il mio obiettivo, quanto farmi qualche bella cavalcata da solo per le strade più belle d'italia.
per andare a trovare i figli al mare si può pure attraversare l'italia per il largo, da un mare all'altro, passando per paesi che si chiamano lanciafame, nel comune di scheggia e pascelupo. viene freddo solo a sentirli nominare. e va' che bel drittone, qui si possono allungare la quarta, la quinta, la sesta, la sett... no, la settima non c'è. giù due marce e spalancare all'imbocco della curva, nella solitudine assolata delle quattro del pomeriggio.
dall'altra parte della strada, altri cavalcatori su altre moto, è sempre un piacere farsi un segno di saluto, una cosa che dice: siamo simili, almeno in qualcosa; i più cafoni sono quelli sulle granturismo, quasi mai rispondono ai saluti. non è mica colpa mia se ti porti a spasso 300 chili di inutilità. ci si riconosce di più con quelli con le sportive e le naked, quello che ha più bagaglio ha sulle spalle uno zainetto come il mio.
e le curve sul passo della somma sono un'autentica figata, e sisisì prometto che la prossima volta che passo rispetterò il limite di 70 orari e non sorpasserò. oggi no, oggi va così, col vento addosso che cerca di strapparti le mani dalle manopole, e la voce bassa del bicilindrico che non diventa mai un urlo, ma sovrasta di certo ogni altro rumore.
e curva dopo curva, piega dopo piega, l'easy rider de noantri torna a casa fermandosi solo per la benzina e la pipì, e quando alla fine rimetto la catena al mio cavallo di ferro, mi accorgo che gli pneumatici sono un po' più consumati verso il bordo del battistrada. ma dai che non andavo forte.
venerdì 24 luglio 2009
non ci sono più le mezze stagioni
è da qualche tempo che assisto puntualmente a questo teatrino: come è abbastanza normale, capita che in primavera piova. qualche volta di meno, qualche volta di più, ma mettetevi l'anima in pace: la primavera, come l'autunno, è il periodo in cui piove di più. di conseguenza - pensate un po' - il cielo è spesso coperto, ed il bel tempo tarda ad arrivare. il che significa che ad aprile non fa bello stabile con temperature sopra i 30°C. ma va?
a questo punto, invariabilmente arriva qualche bello spirito che vaticina: "i meteorologi hanno detto che quest'estate sarà tutta così: niente bel tempo stabile, ma nuvole e pioggie frequenti".
wow. pensare che anche i meteorologi che hanno a disposizione i centri di calcolo più potenti non si sbilanciano mai in previsioni oltre le 72 ore... colui che ha predetto questo evidentemente sa qualcosa che gli altri non sanno... una specie di nostradamus (già mi vedo giacobbo: "solo coincidenze? noi di voyager pensiamo di no").
poi, puntualmente arriva l'anticiclone delle azzorre, e con esso l'estate piena, e magari anche i 38-40°C, e pure per periodi piuttosto lunghi. incredibile, per un paese del mediterraneo!
rassegnatevi: questa sarà l'estate più calda del 2009.
a questo punto, invariabilmente arriva qualche bello spirito che vaticina: "i meteorologi hanno detto che quest'estate sarà tutta così: niente bel tempo stabile, ma nuvole e pioggie frequenti".
wow. pensare che anche i meteorologi che hanno a disposizione i centri di calcolo più potenti non si sbilanciano mai in previsioni oltre le 72 ore... colui che ha predetto questo evidentemente sa qualcosa che gli altri non sanno... una specie di nostradamus (già mi vedo giacobbo: "solo coincidenze? noi di voyager pensiamo di no").
poi, puntualmente arriva l'anticiclone delle azzorre, e con esso l'estate piena, e magari anche i 38-40°C, e pure per periodi piuttosto lunghi. incredibile, per un paese del mediterraneo!
rassegnatevi: questa sarà l'estate più calda del 2009.
giovedì 23 luglio 2009
my foolish heart
avrei voluto continuare, ieri, ma sarei andato troppo off topic.
ieri chet cantava e suonava my foolish heart, e per me è stata una botta di reminiscenza niente male. mi innamorai di questa canzone quando la sentii suonata da gary burton da solo, e decisi che avrei imparato a suonarla in quel modo - o suppergiù - alla chitarra. bello, bel pezzo che si suona quasi da solo, anche sulla chitarra, permettendo armonizzazioni anche insolite, con belle sonorità.
quando uscì una specie di bando di concorso per formare una big band nella mia città, feci domanda. l'esame consisteva nell'esecuzione di due pezzi, uno a scelta della commissione e uno a scelta propria. la commissione era composta da gente a cui poco tempo dopo avrei dato del tu, ma vabbè. mi hanno chiesto di improvvisare su un blues di charlie parker, e poi mi hanno chiesto che pezzo portavo. aprii il real book, che fece la sua porca figura (non ci aveva pensato nessuno) e poi stupii ulteriormente perché si aspettavano che suonassi my favourite things, che sta nella pagina a fronte (dopo coltrane, tutti son convinti che suonare my favourite things sia una cazzata, che ci vuole? eccome no). no, io portavo my foolish heart.
l'esame andò bene, il posto da chitarrista nella big band era mio. peccato che non se ne fece nulla, per il semplice motivo che alla fine delle selezioni avevano potuto selezionare solo due chitarristi, un clarinettista e una violinista. scarsina, come big band.
invece, per raccontare come ho disimparato a suonare my foolish heart non mi basterebbero tre blog, quindi per il momento ci rinuncio.
ieri chet cantava e suonava my foolish heart, e per me è stata una botta di reminiscenza niente male. mi innamorai di questa canzone quando la sentii suonata da gary burton da solo, e decisi che avrei imparato a suonarla in quel modo - o suppergiù - alla chitarra. bello, bel pezzo che si suona quasi da solo, anche sulla chitarra, permettendo armonizzazioni anche insolite, con belle sonorità.
quando uscì una specie di bando di concorso per formare una big band nella mia città, feci domanda. l'esame consisteva nell'esecuzione di due pezzi, uno a scelta della commissione e uno a scelta propria. la commissione era composta da gente a cui poco tempo dopo avrei dato del tu, ma vabbè. mi hanno chiesto di improvvisare su un blues di charlie parker, e poi mi hanno chiesto che pezzo portavo. aprii il real book, che fece la sua porca figura (non ci aveva pensato nessuno) e poi stupii ulteriormente perché si aspettavano che suonassi my favourite things, che sta nella pagina a fronte (dopo coltrane, tutti son convinti che suonare my favourite things sia una cazzata, che ci vuole? eccome no). no, io portavo my foolish heart.
l'esame andò bene, il posto da chitarrista nella big band era mio. peccato che non se ne fece nulla, per il semplice motivo che alla fine delle selezioni avevano potuto selezionare solo due chitarristi, un clarinettista e una violinista. scarsina, come big band.
invece, per raccontare come ho disimparato a suonare my foolish heart non mi basterebbero tre blog, quindi per il momento ci rinuncio.
mercoledì 22 luglio 2009
miles o chet?
stamattina, in auto come al solito, ascoltavo una rarità: un disco di chet baker registrato dal vivo nelle marche, insieme all'orchestra filarmonica di un posto delle marche che adesso non ricordo (lo so che mi apprezzate per quanto sono preciso nel citare le mie fonti). registrato da schifo, il pianoforte sembra suonare da dentro una scatola di cartone, ma bastano le note di chet a portare il tutto a una dimensione superiore, dove non contano né la tecnica né la qualità del suono: ogni frase di baker gli nasceva da dentro, la tromba altro non era che il mezzo per comunicare, in maniera intelligibile ai più, quel che forse non era capace di dire a parole. perlomeno non con la stessa mirabile sintesi. chet baker parlava alla parte più nascosta di noi e di cui spesso ci vergognamo. non è un caso se la sua morte ha fatto così tanta impressione, soprattutto tra le persone più sensibili: mi è rimasta in mente la frase che kim rossi stuart pronuncia nei panni luca flores: "l'ho ammazzato io, l'ho buttato giù per una scala di mi bemolle minore armonica". forse la morte di chet baker è colpa di molti, sicuramente di tutti quelli che non sono riusciti a impedirgli di get lost.
ma parliamo d'altro.
anche i più titolati critici musicali sono in imbarazzo nel dover decidere se sia stato più grande chet baker o miles davis. io dico: come si fa? baker era il lato struggente del lato oscuro della forza (lo so, non è un concetto molto chiaro, sforzatevi di capire); davis era uno stregone che disponeva del lato oscuro della forza a piacimento e con totale disinvoltura. aveva un carisma intellettuale così forte da fargli perdonare le scarse doti tecniche: qualcuno ha detto che davis è stato il trombettista che ha sbagliato più note nella storia, e forse è vero; ma chissenefrega! lui stesso ha dichiarato che ciò che conta non è quel che c'è, ma quel che manca. e lo sottoscrivo in pieno. in apparenza, baker parlava più al cuore e davis più alla mente, ma baker era tecnicamente più dotato di davis, e contro la tromba non c'è cuore che tenga, devi saperla suonare, punto: il jazz non è il punk rock, dove l'approssimazione è ammessa e tollerata. la contraddizione è solo apparente: davis suppliva alle sue carenze tecniche con una straordinaria capacità di essere leader, nel senso di saper riunire persone già eccezionali e coinvolgerle in un progetto il cui risultato è superiore alla somma delle singole individualità. baker era solo, inavvicinabile. chi suonava con lui sapeva che avrebbe brillato solo di luce riflessa.
e alla fin fine, domandarsi se è meglio davis o baker è un po' come chiedere se è meglio my foolish heart o stella by starlight: è una domanda senza senso, una specie di indovinello zen dove è una premessa sbagliata a rendere impossibile la soluzione. molto meglio chiudere la bocca e aprire bene le orecchie.
ma parliamo d'altro.
anche i più titolati critici musicali sono in imbarazzo nel dover decidere se sia stato più grande chet baker o miles davis. io dico: come si fa? baker era il lato struggente del lato oscuro della forza (lo so, non è un concetto molto chiaro, sforzatevi di capire); davis era uno stregone che disponeva del lato oscuro della forza a piacimento e con totale disinvoltura. aveva un carisma intellettuale così forte da fargli perdonare le scarse doti tecniche: qualcuno ha detto che davis è stato il trombettista che ha sbagliato più note nella storia, e forse è vero; ma chissenefrega! lui stesso ha dichiarato che ciò che conta non è quel che c'è, ma quel che manca. e lo sottoscrivo in pieno. in apparenza, baker parlava più al cuore e davis più alla mente, ma baker era tecnicamente più dotato di davis, e contro la tromba non c'è cuore che tenga, devi saperla suonare, punto: il jazz non è il punk rock, dove l'approssimazione è ammessa e tollerata. la contraddizione è solo apparente: davis suppliva alle sue carenze tecniche con una straordinaria capacità di essere leader, nel senso di saper riunire persone già eccezionali e coinvolgerle in un progetto il cui risultato è superiore alla somma delle singole individualità. baker era solo, inavvicinabile. chi suonava con lui sapeva che avrebbe brillato solo di luce riflessa.
e alla fin fine, domandarsi se è meglio davis o baker è un po' come chiedere se è meglio my foolish heart o stella by starlight: è una domanda senza senso, una specie di indovinello zen dove è una premessa sbagliata a rendere impossibile la soluzione. molto meglio chiudere la bocca e aprire bene le orecchie.
lunedì 20 luglio 2009
sagre paesane
se c'era una cosa che poteva rendermi orgoglioso di essere nato e cresciuto a perugia, era l'esistenza e la persistenza di umbria jazz. per decenni ho visto transitare sui palcoscenici di volta in volta improvvisati tutti i giganti del jazz mondiale. c'ero nel 1974 a sentire jarrett nel suo periodo piano solo e c'ero nel '96 a rivederlo in trio con peacock e dejohnette; ero uno dei trentamila a cui archie shepp dedicò il disco a sea of faces, sono rimasto sei ore sotto il sole ad ascoltare gruppi pessimi in attesa dell'evento sting + gil evans orchestra. mi sono perso lo storico concerto di miles davis a terni nell'81, ma c'ero nell'87, con un gruppo che faceva scintille, e pure all'edizione successiva a cui partecipò, ora non ricordo se era il 1989 o il 1990.
e tutto questo, a due passi da casa mia.
si consideri poi il debito affettivo che lascio a umbria jazz, visto che ho conosciuto quella che sei mesi dopo divenne mia moglie proprio durante e a causa di umbria jazz, esattamente oggi, tredici anni fa: io facevo la sicurezza a bordo palco e lei vendeva le magliette del merchandising ufficiale.
tutto questo per dire che ieri sera ho fatto un giro nella mia ex città, a vedere di respirare un po' di quell'aria speciale che almeno per dieci giorni all'anno mi faceva sentire orgoglioso di essere perugino, ma non ce n'era. di tutto quello che ricordavo c'erano rimaste solo le perugine che sfilavano per il corso col vestito della festa (in 35 anni l'abitudine non è cambiata). nemmeno un musicista incontrato per caso, nemmeno due note in fila, nell'aria, che ricordassero vagamente il jazz, soprattutto niente di quell'atmosfera 'round midnight che è il jazz. per dire, il palco grande in piazza iv novembre ha chiuso i battenti alle 23.
sembrava più una grossa sagra paesana, mancava solo il furgone con la porchetta, ma scommetto che, a ben cercare, da qualche parte c'era.
e del resto, come cazzo si fa a scegliere come sponsor di una manifestazione musicale - perdipiù che porta la parola jazz nel nome - un caffè decaffeinato???
e tutto questo, a due passi da casa mia.
si consideri poi il debito affettivo che lascio a umbria jazz, visto che ho conosciuto quella che sei mesi dopo divenne mia moglie proprio durante e a causa di umbria jazz, esattamente oggi, tredici anni fa: io facevo la sicurezza a bordo palco e lei vendeva le magliette del merchandising ufficiale.
tutto questo per dire che ieri sera ho fatto un giro nella mia ex città, a vedere di respirare un po' di quell'aria speciale che almeno per dieci giorni all'anno mi faceva sentire orgoglioso di essere perugino, ma non ce n'era. di tutto quello che ricordavo c'erano rimaste solo le perugine che sfilavano per il corso col vestito della festa (in 35 anni l'abitudine non è cambiata). nemmeno un musicista incontrato per caso, nemmeno due note in fila, nell'aria, che ricordassero vagamente il jazz, soprattutto niente di quell'atmosfera 'round midnight che è il jazz. per dire, il palco grande in piazza iv novembre ha chiuso i battenti alle 23.
sembrava più una grossa sagra paesana, mancava solo il furgone con la porchetta, ma scommetto che, a ben cercare, da qualche parte c'era.
e del resto, come cazzo si fa a scegliere come sponsor di una manifestazione musicale - perdipiù che porta la parola jazz nel nome - un caffè decaffeinato???
lunedì 13 luglio 2009
vacanze
sinceramente, non avrei mai pensato che in un villaggio vacanze mi sarei divertito. l'iconografia ufficiale di questi posti è quella degli animatori impiccioni che ti impongono il loro divertimento seriale anche se stai manifestamente leggendo kafka, e quindi andavo decisamente prevenuto, ma per i figli si fa questo ed altro.
con mio piacere misto a sorpresa, gli animatori della fattispecie hanno saputo farsi i cazzi loro quando era il momento, per poi coinvolgermi nelle cose meno dolosamente idiote (chissà, forse ci ho scritto in faccia qualcosa). va anche detto che stavo in uno stato d'animo che mi rendeva disponibile a qualche coinvolgimento in più, dal punto di vista della socialità, e pertanto.
mi rimangono alcune immagini mentali come riassunto di tutta la vacanza, le cito alla rinfusa, così come mi vengono alla mente:
mariti e mogli che non si scambiano mai la minima effusione. solo le coppie più anziane si concedevano il lusso di qualche timido ballo, dopo cena, quando qualche animatore mosso a pietà metteva qualche pezzo di ballo liscio.
una famiglia di perugia che non avrebbe sfigurato in un libro di filippo timi, quando scrive di provenire da una stirpe di contadini etruschi: lui, tozzo, bovino, grandi ossa e grandi muscoli, tutti attaccati uno all'altro; lei, senza più una forma dopo la gravidanza, tristemente sfatta già all'alba dei quarant'anni.
la minorenne dall'aria sto-studiando-da-velina-e-per-i-diciotto-anni-voglio-una-mastoplastica-additiva che non aveva mai posato lo sguardo su di me, salvo poi cambiare atteggiamento dopo aver visto che anche coi capelli bianchi si può saltare, correre e vincere a beach volley contro avversari decisamente più giovani, tiè.
e conseguentemente, i piccoli dolori muscolari del giorno dopo, che però, vivaddio, testimoniano che qualche muscolo esiste ancora...
la donna di una coppia sulla quarantina abbondante e senza figli (che ci stavano a fare?) che dentro di me ho chiamato la vedova bianca: scendeva in piscina sempre con lo stesso abito lungo e nero, sembrava anjelica houston ne l'onore dei prizzi quando faceva la parte della disonorata. aveva un incedere solenne e pesante, come se ogni giorno facesse la sua via crucis. ancora bella, accanto a un marito che tutto suggeriva tranne notti appassionate. mi guardava di sfuggita, negli occhi più dolore che desiderio.
l'intensità di david grossman. soffocare di palahniuk l'ho divorato, ma che tu sia per me il coltello va gustato parola per parola, ed ogni parola pesarla, masticarla quaranta volte e infine deglutirla.
le coppie di vecchi, o i nonni delle famiglie, che all'inizio del pranzo e della cena fanno incetta di frutta al buffet, tanto che quando vai per prenderne tu, non ce n'è più. e poi la vedi lasciata sul tavolo, perché ovviamente non la mangiano. hope i die before i get old.
io e la cucciola che esploriamo i fondali tenendoci per mano, ognuno nuotando con la mano libera, indicandoci a vicenda i pesci più grossi, mentre lei canticchia nel boccaglio.
s'è persa il pesce volante, mannaggia. e meno male che era senza pesce pilota.
con mio piacere misto a sorpresa, gli animatori della fattispecie hanno saputo farsi i cazzi loro quando era il momento, per poi coinvolgermi nelle cose meno dolosamente idiote (chissà, forse ci ho scritto in faccia qualcosa). va anche detto che stavo in uno stato d'animo che mi rendeva disponibile a qualche coinvolgimento in più, dal punto di vista della socialità, e pertanto.
mi rimangono alcune immagini mentali come riassunto di tutta la vacanza, le cito alla rinfusa, così come mi vengono alla mente:
mariti e mogli che non si scambiano mai la minima effusione. solo le coppie più anziane si concedevano il lusso di qualche timido ballo, dopo cena, quando qualche animatore mosso a pietà metteva qualche pezzo di ballo liscio.
una famiglia di perugia che non avrebbe sfigurato in un libro di filippo timi, quando scrive di provenire da una stirpe di contadini etruschi: lui, tozzo, bovino, grandi ossa e grandi muscoli, tutti attaccati uno all'altro; lei, senza più una forma dopo la gravidanza, tristemente sfatta già all'alba dei quarant'anni.
la minorenne dall'aria sto-studiando-da-velina-e-per-i-diciotto-anni-voglio-una-mastoplastica-additiva che non aveva mai posato lo sguardo su di me, salvo poi cambiare atteggiamento dopo aver visto che anche coi capelli bianchi si può saltare, correre e vincere a beach volley contro avversari decisamente più giovani, tiè.
e conseguentemente, i piccoli dolori muscolari del giorno dopo, che però, vivaddio, testimoniano che qualche muscolo esiste ancora...
la donna di una coppia sulla quarantina abbondante e senza figli (che ci stavano a fare?) che dentro di me ho chiamato la vedova bianca: scendeva in piscina sempre con lo stesso abito lungo e nero, sembrava anjelica houston ne l'onore dei prizzi quando faceva la parte della disonorata. aveva un incedere solenne e pesante, come se ogni giorno facesse la sua via crucis. ancora bella, accanto a un marito che tutto suggeriva tranne notti appassionate. mi guardava di sfuggita, negli occhi più dolore che desiderio.
l'intensità di david grossman. soffocare di palahniuk l'ho divorato, ma che tu sia per me il coltello va gustato parola per parola, ed ogni parola pesarla, masticarla quaranta volte e infine deglutirla.
le coppie di vecchi, o i nonni delle famiglie, che all'inizio del pranzo e della cena fanno incetta di frutta al buffet, tanto che quando vai per prenderne tu, non ce n'è più. e poi la vedi lasciata sul tavolo, perché ovviamente non la mangiano. hope i die before i get old.
io e la cucciola che esploriamo i fondali tenendoci per mano, ognuno nuotando con la mano libera, indicandoci a vicenda i pesci più grossi, mentre lei canticchia nel boccaglio.
s'è persa il pesce volante, mannaggia. e meno male che era senza pesce pilota.
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