giovedì 30 giugno 2011
140 minutes intermission
Il rituale dello harakiri è centrale anche in 13 assassini, nella sua accezione più politica, ovvero come sommo gesto di protesta e indignazione di fronte a un'ingiustizia intollerabile. Unica possibilità di manifestare il proprio dissenso in un contesto come quello del Giappone Tokugawa, in cui l'abuso del potere non conosceva limiti, fino a portare a eccessi come le nefandezze del perverso Naritsugu, incarnazione della volgarità e della codardia dell'autorità quando questa abbandona la propria autorevolezza in favore della liceità sfrenata.
(recensione di emanuele sacchi su mymovies.it)
non sto qui a raccontarvi tutte le connessioni che son riuscito a trovare tra questo film e la storia italiana contemporanea, ma anche tra questo film e alcune vicende che mi sfiorano più da vicino. diciamo solo che di sicuro l'italia non è un paese per samurai.
qualcuno potrà obiettare che il codice del samurai è quanto di più ottuso e acritico sia stato inventato, e non potrei dar loro torto. ma anche il muro di incrollabile ottusità che circonda il potente di turno può essere infranto dal gesto coraggioso - ancorché trasversale - di chi ha ancora una coscienza che gli impedisce di avallare qualsiasi nefandezza solo in nome del rispetto dell'autorità (da qualunque parte essa provenga). ci sono autorità che meritano di essere esautorate, se necessario con la forza.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Un film molto politico, sono d'accordo.
RispondiEliminaVisto ieri sera, molto molto bello, a mio parere.
e due. due volte che vado al cinema (ormai è un evento raro) e nella stessa sera vedo lo stesso film che hai visto tu. ci dobbiamo preoccupare?
RispondiEliminacomunque estremamente politico, sì.
Ahem... io sono punk, quindi tiro a prendere a calci gli altri piuttosto che a eliminare me stessa: non sono io che non funziono, è il mondo che è platealmente sbagliato.
RispondiEliminaContinuiamo a girarci intorno, però: diciamo che certi personaggi vanno esautorati anche con la forza, ma nessuno si prende concretamente la briga di farlo. Chi comincia? E come? Poi quando ci si ferma (questo è il mio timore), soprattutto? :-(
altro contesto, altra cultura, imparagonabili con l'italia del xxi secolo. e forza non è necessariamente sinonimo di violenza.
RispondiElimina