ti raccontavo un episodio e tu, come al solito, non ne avevi colto l'essenza. inutile anche cercare di spiegarti, ma comunque mi sei stata preziosa, col tuo punto di vista. in negativo, come spesso accadeva, ma preziosa.
il tuo punto di vista era: le donne sono attratte dai simboli del potere. laddove poi, allargando il concetto al di là della fattispecie, il potere non è necessariamente simboleggiato dall'ostentazione di opulenza, ma anche dalla capacità di prendere decisioni, di gestire le situazioni in autonomia e indipendenza, dal suo carisma e, in ultima analisi, dal mostrare le palle.
ora, sicuramente capisco che in generale abbia molto più fascino un uomo che dimostri di possedere le caratteristiche tipiche del maschio alfa piuttosto che uno sempre indeciso, sempre in bilico e mai padrone delle proprie azioni; ma da qui a sentenziare che le donne, indistintamente, sono attratte dai simboli del potere, credo che ce ne corra.
credo, voglio anzi dire che son certo che molte donne non vedono nella dolcezza, in un carattere se non remissivo, perlomeno non sempre volto verso l'aggressività, un difetto o una qualità da disprezzare. e non starò troppo a sottolineare quanto l'idea di virilità sia legata a contingenze culturali: faccio solo l'esempio di miyamoto musashi, che era esperto di calligrafia e di pittura, e componeva versi, ma ciò non gli impedì di uscire imbattuto da circa trecento duelli alla spada.
tralasciamo pure le implicazioni veterofemministe e radical chic: ma davvero non abbiamo altro metro per misurare le persone che il loro reddito, o la capacità di riuscita sociale, o la loro visibilità in termini di decisionismo, che quasi sempre sfocia nella cieca arroganza? facciamo che basta con questi ruoli precotti?
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