lunedì 7 marzo 2011

la forma deponente del verbo ribellarsi

eccerto, la tentazione è forte. quando qualcuno, non contento di camminarti sullo scroto coi tacchi a spillo già da un bel po', si mette a farlo con gli scarponi chiodati, la tentazione di togliertelo di torno con qualsiasi mezzo è forte. da qualche parte ho sentito inneggiare a piazzale loreto. ripeto: comprendo, perché l'impulso viene anche a me.

ma.

deve esistere un ma, altrimenti non ci sarebbe la differenza. deve esistere qualcosa che marchi la differenza tra noi e loro: a me non basta essere genericamente dalla stessa parte della barricata, voglio essere certo che quelli che stanno con me rispettino certe regole, certi principi.

non starò a discutere qua sulla maggiore o minore liceità del ricorso alla violenza. esiste il principio di legittima difesa, certo, ma esso stabilisce anche che la difesa deve essere proporzionata all'offesa: non si ammazzano le zanzare col napalm, e non voglio aggiungere altro. il fatto è che la violenza mi inorridisce da qualsiasi parte provenga, ma lo fa di più se a praticarla è chi sostiene di farlo in nome di un ideale di giustizia. e questo per me è già di per sé un buon motivo per rigettare a priori l'ipotesi di un gesto "rivoluzionario" nel tentativo di rovesciare la tirannide. ma c'è di più ancora.

secondo me, è la pericolosa tendenza di noi italiani a credere nei dei ex machina che va estirpata dalle coscienze: se di fronte alla protervia di una classe dirigente che manifestamente non fa altro che far quadrato attorno al suo capo, il quale altro obiettivo non ha se non quello di evitare la galera, la sedicente opposizione (e non parlo solo di quella in parlamento) non ha di meglio da proporre che invocare il rovesciamento del regime, anche attraverso gesti clamorosi, senza curarsi delle conseguenze e soprattutto senza avere pronto un progetto politico condiviso e che nasca dall'analisi concreta delle necessità dei più, l'opposizione è destinata inevitabilmente a fallire nel suo intento.

bisogna partire da più lontano, non importa se la strada sarà inevitabilmente più lunga, ma c'è la necessità, che trovo ormai indifferibile, di toglierci dalla testa che la strada delle soluzioni miracolistiche sia praticabile e di accettare una volta per sempre la consapevolezza che il cambiamento è possibile, sì, ma solo con l'impegno di tutti, anche soltanto con piccoli gesti di buona volontà, e che la cosa prenderà tempo, perché danni ne sono stati fatti, e parecchi, e per rimettere le cose a posto ce ne vorrà parecchio di più.

e stiamone felici, perché tornare indietro, per noi, è ancora possibile, nonostante sia molto costoso. rigenerare un pezzo di legno dalla sua cenere, no.

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